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Dark Souls III, tutto quello che c’è da sapere a un mese dall’uscita

Dark Souls III, sviluppato da FromSoftware e diffuso da Bandai Namco Entertainment è in commercio da più di un mese. Il videogioco fantasy, disponibile per PlayStation 4, Xbox One e Microsoft Windows su piattaforma Steam, è stato preceduto dal lancio di un concorso curato dai responsabili di Bandai Namco.

IL CONCORSO PER RACCONTARE LA TRAMA - Il concorso per raccontare la trama di Dark Soul prevedeva un premio di 10 mila dollari che è stato in seguito vinto da NerdyInc con My Dark Souls Story: Biography of the Chosen Undead. Grazie al video dello youtuber, è possibile ripercorre tutte le tappe principali della storia. Ecco il video:

IL GIUDIZIO SU DARK SOULS III - Qual è l'opinione di chi ci ha giocato? Andrea Ludovici racconta la sua esperienza di gioco. Scopriamo insieme cosa ne pensa.

COME IMPARARE DAGLI ERRORI DEGLI ALTRI DI A. LUDOVICI - Come sapete un’adeguata introduzione è importante in tutti campi della vita. Persino quando dovete raccontare a vostra madre l’ennesima bugia per non andare a scuola per poi lamentarvi dei brutti voti. Introdurre una saga come Dark Souls (anche dopo l’uscita del terzo episodio) è, per fortuna, molto facile e tanto facile che si può usare un argomento nazional-popolare come il calcio, che divide nell’unione: Dark Souls nei videogiochi è come Giorgio Chiellini nel calcio, vent’anni fa non sarebbe mai esistito. E perché mai questo paragone così scomodo, e per quale motivo? Per spiegarvi questo fenomeno (stavolta parliamo solo di Dark Souls che se ci mettiamo a parlare di calcio apriamo una parentesi ancor più lunga) è necessario far ricorso ad un principio adottabile a più o meno tutta la vita: il principio della rana bollita. Lo conoscete no? Se buttate una rana in un pentolone d’acqua fredda, la rana comincia a nuotare; riscaldate piano piano l’acqua e la rana comincerà ad indebolirsi e non avrà più forza di reagire fino a che l’acqua non diventerà bollente e quindi la morte sopraggiunge. Bene, questa ranocchietta che cosa ci vuole insegnare? Che abituandoci troppo allo schifo che ci propinano non possono che nascere nuovi filtri davanti ai nostri occhi, distorcendoci la realtà. Qui, proprio in mezzo tra “schifo” e “filtri” nasce Dark Souls.

IL GIUDIZIO - Non starò qui ad elencare tutti i pregi (pochi) e difetti (tanti) che intercorrono in ogni capitolo, perché non c’è stata la mia pazienza di giocarli tutti fino in fondo ma c’è stato un mio osservare, osservare intere comunità di videogiocatori abbassare i calzoni e mostrare il culo davanti alla FromSoftware che neanche li stessero pagando per giocarli e soprattutto osservare come la stessa società mette sul piatto d’argento il motivo di una critica fin troppo semplice da fare. Ma altrettanto semplice è notare come un elemento geniale è alla base della nascita di questo strano e assurdo movimento tutto attorno a Dark Souls, ed è una cosa che personalmente stimo alla follia, ovvero aver capito come gira il mondo attorno ai videogiochi attuali e aver offerto, apparentemente, l’opposto. Ebbene sì, mentre gli altri titoli si preoccupano di non far apparire più la scritta “game over” sugli schermi degli appassionati a meno che non vengano impostate difficoltà dai nomi rassicuranti come “oblio infernale” o “inferno massimo 2000”, come se qualcuno potesse scoppiare a piangere da un momento all’altro (vero Resident Evil? Vero Devil May Cry? Vero Diablo?), Dark Souls fa tutto il contrario, facendoci credere ad un ritorno in pompa magna di quella difficoltà standard sinonimo di sfida e caparbietà. Infatti i titoli stessi, a partire dalla loro pubblicità, puntano tutto su questo concetto: “prepare to die” o “go beyond death” sono soltanto due degli slogan adottati dalla casa madre per far capire agli utenti che lì si gioca davvero, non si scherza mica.
Ma è davvero così?
Il gioco offre davvero questa sfida e questo alto tasso di coinvolgimento promesso? A quanto pare no.

I VARI CAPITOLI DELLA STORIA - Tralasciando le varie scampagnate che si fanno durante i capitoli in cui ogni tanto bisogna stare attenti a qualche lama che spunta fuori dal muro di fianco, gran parte del gioco si focalizza sulle battaglie. E questo si può vedere anche solo analizzando le migliaia di ore di video che si possono trovare su YouTube o i miliardi di post su Facebook. Tutto sta nell’attesa del prossimo boss da affrontare. E una volta che si incontrano? La difficoltà tanto decantata quale sarebbe? Ve lo dico io, capire quali sono le tre mosse in croce che ci propina il mostro della situazione, rotolare per non essere colpiti e punzecchiare quando ci viene data la possibiltà. Ma per carità, non siamo mica qui a spalare solo fango addosso al protagonista bardato o a semplificare dei concetti che neanche alle elementari, ma trovare delle complessità in tutto questo è dura. Ma non mi stupirei se il personaggio che comandiamo iniziasse a vomitare come non mai viste le tante giravolte fatte intorno all’orco che abbiamo davanti, visto che è l’unica dannata cosa che facciamo contro ogni dannato sgorbio. È veramente questa la sfida che cerchiamo? È solo schivare un attacco che potrebbe ucciderci in un colpo per poi darne uno che fa tanti danni quanto un fermacarte? È davvero la vista a ripetizione di tanti “game over” che ci esalta, quasi a farci svilire per manifesta inutilità, forse proprio perché non ne vediamo da tanto tempo? O erano i rompicapo per aprire anche solo una stramaledetta porta? O anche i labirinti da cui era inizialmente impossibile uscire ma che una volta conclusi ci facevano dire “cazzo, ce l’ho fatta” o ancora il saper risparmiare munizioni perché chissà, “tra poco forse incontro il mostro”? Forse avete notato che non ho menzionato neanche una volta la storia attorno ai Dark Souls, ma per un motivo ben preciso: non interessa a nessuno.

IL SOTTOBOSCO DEL GIOCO - Purtroppo sì cari miei, niente rimane impresso delle vicende raccontate in Dark Souls, ed è per questo che per tutti i fan della saga è venuta in soccorso una parola magica usata ormai come condimento per ogni discorso: lore. La lòr, come dovrebbe pronunciarsi, è la vera divinità, il vero mostro, la vera sciagura che si abbatte su tutti i personaggi di questi giochini. Ma mi spiego, la lore sarebbe tutto il “sottobosco” del gioco, tutte quelle piccole storie nelle storie atte ad arricchire ancor di più la mitologia di un’opera. Arricchimento che nasce se sotto c’è già una base profonda e di grande interesse. Non può essere usata come scusa per qualcosa che non esiste, e metterla in mezzo per parlare di un mondo senza alcun aggrappo. Non mi serve a nulla leggere il riquadro in cui si specifica che “questa spada è appartenuta al re Arcibaldo che l’ha usata pure come stuzzicadente quando mangiava pesante”. Non spacciatemi queste cose come storie importanti perché importanti non lo sono e non lo saranno. Sono puri e semplici elementi riempitivi che dovevano essere scritti per forza. So che questo può sembrare quasi come uno sfogo della serie “era meglio prima”, ma forse se questa frase è diventato quasi un modo di dire, un fondo di verità c’è. Osservare orde di ragazzi che considerano questi prodotti come i veri videogiochi stimolanti mi fa davvero sentire più vecchio, e rimpiangere titoli che per come sono strutturati possono già essere messi in produzione per un film ad Hollywood. Ma siccome nella vita va (giustamente) avanti chi è più furbo e non chi recrimina su quello che sarebbe potuto essere, bisogna lodare la FromSoftware (e mica il sole come voi credevate, maledetti meschini), autrice di una grande barzelletta videoludica.

La recensione di Dark Souls III è di Andrea Ludovici.