Tributo alla lunga carriera dell'artista veneziano, ha aperto a Milano il 7 novembre la monumentale mostra monografica dedicata a Francesco Hayez, alle Gallerie d'Italia, in piazza della Scala.
Centoventi dipinti provenienti dalle più grandi istituzioni museali italiane (tra le altre la Pinacoteca di Brera e le Gallerie dell'Accademia di Venezia) e da prestigiose collezioni private ripercorrono le fasi del processo creativo che portò l'artista ad essere una delle personalità più note del Romanticismo italiano.
Dieci le sezioni, si parte dal periodo di formazione veneziano, nel quale il giovane Hayez frequenta l'Accademia di Venezia, per proseguire con il trasferimento a Roma, sotto la guida di Canova, dove entra in diretto contatto con i modelli raffaelleschi conservati nelle stanze del Vaticano, fondamentale influenza che lo spinge verso il Neoclassicismo di tele come il Laocoonte, Rinaldo e Armida, l'Atleta trionfante, l'Ulisse.
Abbandonati i modelli mitologici contestualmente al trasferimento a Milano all'inizio degli anni Venti, città nel pieno del dominio austriaco, Hayez entra in contatto con le personalità come Alessandro Manzoni, Tommaso Grossi, Ermes Visconti, i più illustri esponenti della corrente romantica che stava nascendo in quegli anni. Questo porta a un cambiamento dei soggetti, non più appartenenti al mondo classico, ma a quello storico – medievale, come il Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri (1818 – 1820), personaggio protagonista nel Trecento di un episodio di resistenza verso il dispotismo contro la città di Venezia caricato delle valenze politiche e patriottiche che stavano sorgendo in quegli anni. Il nuovo fermento romantico trova espressione anche in scene corali come i Vespri siciliani o in soggetti letterari come il celebre addio del Romeo e Giulietta (1823), struggente istantanea del congedo tra i due innamorati. Tema capace di stimolare la creatività dell'artista, il bacio d'addio tra due innamorati, ci regala quello che è considerato il capolavoro di Hayez, il celeberrimo Bacio che in questa mostra per la prima volta vede allineate le sue tre versioni: quella del 1861, del 1867 (inviata all'Expo di Parigi) e del 1869. A variare è la scelta nei colori del vestiario, carica di significati politici che tramite l'azzurro, il bianco, il rosso e il verde della prima versione celebra gli accordi di Plombières tra il regno sabaudo di Vittorio Emanuele II e la Francia di Napoleone III per liberare il Lombardo - Veneto dagli austriaci, avvenuti in quegli anni; colori rimossi in parte nella versione del '61 dove l'abito della donna non è più azzurro ma bianco a sottolineare forse la delusione per la mancata liberazione di Venezia da parte dei francesi, per tornare, più vividi, nella versione definitiva del '67.
Sublimazione massima delle capacità espressive di Hayez, il Bacio resta simbolo indelebile di un'epoca, ma la caducità e l'irripetibilità di quell'addio del giovane patriota all'amata, tolte le valenze politiche, hanno regalato fama universale alla tela.
Esaltato nell'esposizione anche il talento ritrattistico dell'artista, che si può ammirare nei diversi autoritratti, nel ritratto ufficiale che nel 1841 fece dell'amico Alessandro Manzoni, in quello della Principessa Belgiojoso e in molti altri.
Aperta da martedì a domenica fino al 21 febbraio, con biglietti a partire dagli 8 euro, la mostra, curata da Fernando Mazzocca, offre al visitatore anche molte opere inedite e regala confronti con le sculture di Canova e Vincenzo Vela, un'occasione imperdibile, insomma, per i cultori del genere e non solo.
Chiara Merlin