Dopo quattro anni Moretti torna nelle sale con un film "onesto" in cui è protagonista Margherita Buy.
Brava? No. Bravissima.
I suoi occhi riescono a spezzare il linguaggio per toccare la vita, tanto per citare Artaud.
Ma pensi: se questo è il regista, il maestro "con cui in molti sono cresciuti", cosa fare ora che ci ripete per bocca altrui (come in Habemus Papam), più volte e a gran voce "sono confuso e non capisco più?". Intanto la Buy recita come se fosse Moretti, Michele Apicella è diventato Turturro, mentre uno splendido quarantenne si è dissolto nella disperanza.
Poi ci ripensi. E comprendi che forse questa sintesi disgiuntiva di varie alterità non è casuale. Fino a supporre che questa possa essere la grande opera del Maestro.
Detto per inciso, la disperanza è un attivismo rassegnato alla condizione umana. Secondo Álvaro Mutis eternamente avvolge il destino degli uomini e il loro cammino. Secondo Mario Galzigna è la principale "patologia" contemporanea.
Trovate? Alcune geniali (da Turturro ubriaco al "mettiti al lato del personaggio" fino al "non ti fermare al primo significato di un verbo che trovi sul vocabolario", ma soprattutto, secondo me, "rompi uno dei tuoi duecento schemi, almeno uno!").
Punti di vista nuovi ed antichi in una pellicola intimista e un po' comica, piena di amore e leggerezza. Dove si racconta lo scontro di classe tra gli operai di una fabbrica e la nuova proprietà; in realtà non si racconta e non si dice: si paventa ma non c'è approfondimento (politico). E come questa, altre cose sono sottese, ma ho come la sensazione che "non ci siano", o forse, in quella ottica di relazioni umane, semplicemente non hanno spazio per esistere.
Allora, forse, è proprio così che deve essere un film che ci spiazza con tutta la sua naturalezza la disperanza.
E sulle sue ali, delicatamente Nanni approda dalla mancanza, attraverso la dispercezione, a quel sentimento perduto, non nominabile, pudico ma osceno, che la corrode. Invero che corrode lei, mentre lui (il "vero" Moretti) sta saggiamente in disparte. Animus et anima: altra sintesi disgiuntiva di alterità inconciliabili, eppure così vicine.
Massimo Lanzaro