Letteratura

Le parole che spengono il tempo per accendere l’uomo

Tra i grandi scrittori islandesi di cose sensate c’è Jón Kalman Stefánsson, con la sua trilogia di Paradiso e inferno, La tristezza degli angeli e Il cuore dell’uomo…

Prima di tutto si getti lo sguardo sul detto del pensatore Tagore, che affermava che “Gli alberi sono lo sforzo infinito della terra per parlare al cielo in ascolto”.

L'Islanda tuttavia non ha alberi, li aveva, non li ha più..., ma non vuol dire che non voglia più arrivare al cielo. Lo fa con alberi diversi, con gli alberi e i frutti della letteratura, con cui è ancora capace di elevare se stessa fino a volare lì dove le cose hanno senso, non perché siano in cielo, ma perché le cose sensate sono il cielo. Tra i grandi scrittori islandesi di cose sensate c'è Jón Kalman Stefánsson, con la sua trilogia di Paradiso e inferno, La tristezza degli angeli e Il cuore dell'uomo.

L'incipit del primo dei tre testi, Paradiso e inferno, si intitola Siamo quasi tenebra. Vero, il titolo è la prima cosa vera, è vero che lo siamo, è reale la tenebra che consuma l'uomo, una tenebra fatta di istanti che incitano a finire la clessidra, ma la tenebra è reale... soltanto quasi. Il buio non ha le ultime dita disponibili per soffocare l'ultima candela, quella fatta dalle parole, le nostre. Un foglio è di fronte ad ognuno di noi, in cielo, in terra, su un tavolo, cielo, terra e tavolo sono la stessa cosa, ovunque è il foglio, ovunque noi siamo, e noi siamo solo se scriviamo, se scrivendo ricordiamo, se ricordando salviamo.

Tutto di noi morirà, ma non questo foglio, che brilla come una stella, le stelle tanto citate da Stefánsson. Parole fatte di pane e acqua, parole come eucarestia. Vivi in esse. Un uomo legge, legge parole, ma leggere è parlare con le parole lette, parlare con le proprie parole, allora eccoci con loro, parole moltiplicano parole, vita moltiplica vita. Un soffio si ferma sulla bocca di noi stessi, non si deve respirare sulla candela di quelle parole, perché esse bruceranno il tempo, salveranno i nostri ricordi dalla sua impersonalità, e noi saremo salvi, eterni, finché avremo detto, letto e scritto una parola... solamente una, purché vera.

Il mare è come il tempo... salato. Fa male navigare con il freddo, con il buio, fa male ricordare contro il buio, eppure peschiamo. Eppure ricordiamo? Dovremmo, da soli non sempre, serve un libro, una parola. Aprire il libro significa intimorire il tempo, mostrargli il potere che ancora abbiamo di conquistare l'eternità, ed esso trema, sfogliamo le pagine, ed esso fugge, perché leggendo navighiamo, ricordiamo, siamo... siamo salvi. Un albero islandese scrive per salvarci dal tempo, dalla sua tenebra.

Andrea Forte