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Animus et Anima: Jung e la dualità [INTERVISTA ad EMANUELE SCATAGLINI]

In occasione dell'uscita del suo nuovo album “Animus et Anima” abbiamo incontrato Emanuele Scataglini, straordinario artista multidisciplinare, che affronta in questa nuova opera concettuale temi filosofici importanti, indagando a fondo nell'inconscio dell'animo umano. Un filo conduttore questo che parte dai precedenti album, come “The Lantern Out Of The Doors”, e che trova in “Animus et Anima” ulteriori sviluppi ed approfondimenti.

In particolare in “Animus et Anima” l'argomento centrale, su cui ruotano tutti i brani, è il tema della “dualità” in riferimento alla filosofia junghiana. Una tematica che ci ha subito incuriosito e di cui abbiamo chiesto all'autore di parlarci:

- ANIMUS ET ANIMA, è il titolo del suo nuovo progetto musicale. Un'opera concettuale che ha un suo svolgimento ed un suo filo conduttore... Cosa può dirci in merito?

Direi che questa produzione è un concept album, il cui il filo conduttore è la tesi della psicologia junghiana secondo cui nel nostro inconscio sono presenti archetipi collettivi che la nostra cultura ha elaborato nei secoli e ci ha trasmesso con miti, leggende, letteratura e l'arte. Per Jung e la sua scuola vi sono due macro categorie che possono essere ricondotte alla dualità maschile e femminile e sono per l’appunto l’Animus e l’Anima. Penso che sia una idea condivisa ed assimilata oggi, che in ognuno di noi ci siano questi due aspetti. Quando lo psicologo formulò questa teoria era sicuramente una novità, soprattutto nella società borghese dove i ruoli erano definiti.

Ho scelto Jung perché più di altri studiosi e pensatori ha vissuto su di sé le proprie teorie, ha sperimentato sofferenze e passioni, il maschile ed il femminile: come il lutto dopo la separazione dal suo maestro e mentore Freud, che gli costò una depressione durata 6 anni; oppure la passione per le sue diverse donne, a partire dalla moglie Emma, da cui ebbe 4 figli, Sabine Spielrein, prima sua paziente, poi sua amante, celebrata anche in film e opere teatrali; come la curiosità per le filosofie orientali e l’interesse per lo sciamanesimo africano, approfondito nei suoi numerosi viaggi…

Il tema del Maschile e Femminile è infatti, presente in varie religioni, nei testi antichi, nelle riflessioni filosofiche come quelle del Simposio e in molte forme d’arte. Merito di Jung è stato quello di averle rese materia di studio per analizzare i comportamenti collettivi ed individuali, ma come dicevo, la divisione tra maschile e femminile era già presente come pensiero latente nelle arti e nei miti.

Nella musica, ad esempio, una delle forme espressive con un forte contenuto emotivo, quando nel passato ci si approcciava alla tonalità, si parlava sempre di modo maggiore come forma maschile e di modo minore come tonalità femminile. Infatti, un compositore del periodo classico doveva mostrarsi capace di scrivere il primo e il secondo tempo di una sonata rispettando questi due registri armonici. Passando al teatro d'opera questa dualità veniva inserita, per mezzo della musica, nei personaggi. Limitandosi a parlare dei personaggi femminili mi ha sempre stupito la dualità presente nei caratteri  delle protagoniste; trovo eccezionali Rosina nel Barbiere di Siviglia, la Carmen in Bizet, Violetta nella Traviata, la duchessa Eboli del Don Carlos di  Verdi o Kundry che nel Parsifal di Wagner viene caratterizzata da due leitmotiv complementari per sottolinearne la sua dualità.

Nel Novecento, purtroppo, questa necessità di sottolineare gli aspetti psicologici dei personaggi si è un po’ persa: con il verismo viene dato più  spazio alla situazione storico sociale, la necessità di raccontare una situazione realistica ha portato ad un assottigliamento della dimensione introspettiva. Se pensiamo a Mimì nella Boheme di Puccini la vediamo sempre simile a se stessa, come Santuzza nella Cavalleria rusticana, la cui vita è determinata essenzialmente dalla dimensione sociale in cui si svolge la narrazione. Non ho toccato, intenzionalmente, le altre forme d’arte: teatro, letteratura per non allargare il discorso, ma mi preme sottolineare che anche nei tragici greci, che sicuramente non avevano conoscenze psicologiche, vi sono personaggi come Antigone, Clitemnestra, Edipo e Penteo in cui la dualità maschile e femminile è molto manifesta e spesso in conflitto.

Il tema è sicuramente impegnativo; quello che cerco di fare nel disco è dare delle suggestioni personali che spero possano essere significative anche per un ascoltatore contemporaneo in streaming.

- Entriamo nel dettaglio di questa dualità. Quali sono gli “opposti” che caratterizzano Emanuele Scataglini? E come riesce ad armonizzare questi aspetti della propria personalità e/o della propria anima?

Io non credo di riuscirci, nel senso che vivo sempre un'esperienza interiore che si alimenta proprio dei contrasti. Del resto, quando nasciamo, il conflitto è già in atto poiché non abbiamo scelto noi di essere al mondo, vi siamo stati gettati, per dirla con Heidegger. Di sicuro però non temo di esprimere la mia interiorità femminile, che poi per Jung è l’inconscio e di metterla a confronto con il mio io maschile, lo faccio sempre quando cerco di sollecitare la creatività dandole una forma fruibile.

- I suoi progetti hanno sempre una forte impronta, e sono caratterizzati da un legame profondo che fonde la musica con il teatro, e spesso con l'arte circense. Si sente in tal senso un funambolo, un esploratore in bilico tra sogno e realtà?

Sì, in bilico tra gli opposti, pace e guerra, finitezza eternità, paura e desiderio, Animus et Anima e certamente sogno e realtà

- Secondo lei il sogno, o le nostre fantasie possono anticipare la concreta realtà? Ovvero possiamo nel sogno pre-costituire o strutturare “un mondo” che poi trova la sua effettiva realizzazione nella realtà?

Sì, ne sono certo! I sogni costituiscono alla fine il materiale di cui è fatto il mondo. Spesso però i nostri sogni vengono traditi, pensiamo alla caduta del muro di Berlino e a come abbiamo sognato una maggiore pace e concordia tra i popoli e pensiamo all’oggi...

Sognare però è necessario, è l’essenza dell’essere umano. Pessoa nel libro dell’inquietudine parla di contaminazione tra sogno e realtà, anzi di sogni che costituiscono la realtà e di realtà che sono solo sognate, un’idea che condivido. Il sogno per lui è fonte di ispirazione e di creatività, che lo solleva dalla limitatezza del reale:

“…Riguardo alla vita non faccio teorie. Se è bella o brutta non lo so, non penso. Ai miei occhi è dura e triste, con intervalli di sogni deliziosi. Che mi importa cosa è per gli altri? La vita degli altri mi serve solo per vivere nel mio sogno quella che mi sembra si adatti bene a ciascuno di loro…”

Certo, non possiamo fare a meno di sognare, di credere. Il problema è che occorre anche lottare per i propri sogni, altrimenti questi non si realizzeranno mai, nemmeno in parte. Non condivido la posizione dell’artista che si ritira nel suo sogno, nella sua torre eburnea. Sono per gli artisti che lottano per qualcosa e, come dire, infondono alla propria immaginazione una forza trasformatrice del reale e di denuncia.

- Torniamo ad ANIMUS ET ANIMA, cosa può dirci dei singoli brani?

Sono sette brani: tre strumentali e quattro cantati. Per prima cosa, devo specificare che ho voluto scrivere i testi in inglese per sperimentare una poetica meno narrativa. In italiano scrivo più storie, in inglese lascio maggiore spazio al simbolo. Inoltre, i giovani cantanti con cui lavoro spesso preferiscono cantare in inglese. Simona Daniele, che ha lavorato con me in Belle Époque, mi diceva che nonostante anni di Conservatorio era la prima volta che cantava in italiano quando ha inciso Camille Claudel. Ho pensato che fosse il caso di fare un disco con canzoni in inglese.

Lei ha interpretato i tre brani femminili non l’ho citata nei crediti per suoi problemi contrattuali sorti successivamente. Tornando ai temi dei brani Writing on a Leaf parla di una ninfa, di un essere dei boschi che incontra per la prima volta la passione amorosa. Credo che descriva bene il Femminile, l’Anima che si unisce per alchimia con il Maschile: all’Animus.

Segue I Refuse his Gift, questa è una trasposizione della leggenda della sibilla che rifiutando di unirsi carnalmente a Febo fu condannata a non morire mai, ma ad invecchiare in eterno fino a divenire polvere. In questo caso si parla della violenza del maschile sul femminile, non abbiamo sintesi, ma conflitto, incomprensione, violenza.

Naturalmente, se ci si riferisce strettamente ai greci questo paragone non regge, la società greca era molto maschilista, ma nel mito si parla più che altro della sottomissione al divino che negli antichi doveva essere assoluta. Io infatti nella canzone non cito mai il mito in modo esplicito.

La storia è trasposta, “presa in prestito” per parlare di un tema di contemporaneo, ovvero di come ancora oggi vi sia incomunicabilità tra uomo e donna e come questo squilibrio possa portare alla violenza.

Let our wind invece è una canzone sul ricordo, sull’importanza per l’Anima di costruire se stessa a partire dal passato.

Poi abbiamo la canzone cantata da Mitia Maccaferri, the Lighthouse, un brano in cui vi è la conciliazione tra Animus e Anima. Il faro è il luogo del cuore dove i sentimenti prendono rifugio. Gli ingranaggi sono l’Animus e la luce l’Anima. Il faro è quel luogo interiore dove conserveremo sempre i ricordi più belli.

The Sea Crossing è un brano strumentale che racconta il viaggio di un marinaio. L’esploratore, l’avventuriero, un archetipo maschile per eccellenza.

The Knight’s Journey è riferito al mito dell’eroe, così come appare negli archetipi e anche nella narrativa. L’eroe parte vive una avventura e torna trasformato.

Infine, il brano per pianoforte Animus et Anima che rappresenta un dialogo tra questi due aspetti dell’essere umano.

- ... E musicalmente, qual è il filo conduttore?

Tutti i brani, pur nella loro diversità, utilizzano sonorità vicine: percussioni, basso, chitarra, piano. I pezzi mantengono ritmi e arrangiamenti simili, per dare una Identità specifica al disco.

Rispetto ai miei album precedenti, come Surreal World, in questo ep ho dato maggior importanza alla “cantabilità”, componendo linee melodiche più delineate, ben definite, per esaltare il contesto poetico.

Nei pezzi cantati, in particolare, utilizzo la struttura Strofa e ritornello, mentre sono stato molto meno schematico nei brani strumentali.

Inoltre, in Animus et Anima ci sono volutamente poche dissonanze o cambi repentini di tonalità; i registri vocali sono quelli medi  e la chitarra, rispetto a lavori precedenti, è un po’più rock.