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South Park: Scontri Di-Retti

South Park non ti permette di restare neutrale: è talmente incapace di scendere a compromessi, politicamente scorretto e offensivo verso tutto e tutti, sboccato, volgare, irrispettoso e fottutamente cinico che o capisci e accetti la sua forma mentis finendo per amarlo, oppure non lo capisci o lo capisci ma trovi che sia comunque troppo e te ne tieni a distanza

Il mondo è bello perché è vario, de gustibus non disputandum est, non-è-bello-ciò-che-è-bello-ma-è-bello-ciò-che-piace… insomma di solito una cosa può piacere tanto, poco, un po’, molto, moltissimo, la amo, oppure anche no, che brutto, la morte.

Però ho sempre pensato che ci fossero alcune cose dotate di un superpotere, ovvero l’immunità al limbo e alla mediocrità. Quelle cose che o ti piacciono alla follia oppure ti provocano un profondo rigetto. Bene, fino ad ora la mia esperienza personale ha fatto sì che rientrassero in questa categoria Elio e Le Storie Tese, il pandoro e… South Park.

Perché diciamocelo: South Park non ti permette di restare neutrale: è talmente incapace di scendere a compromessi, politicamente scorretto e offensivo verso tutto e tutti, sboccato, volgare, irrispettoso e fottutamente cinico che o capisci e accetti la sua forma mentis finendo per amarlo, oppure non lo capisci o lo capisci ma trovi che sia comunque troppo e te ne tieni a distanza.

Entrambe le posizioni sono a mio avviso totalmente lecite, ma sappiate che questo articolo è rivolto agli appartenenti alla prima. Tutto questo per dirvi che: il 17 ottobre è uscito il secondo videogioco di South Park.

Personalmente attendevo questo videogioco con enorme impazienza e per svariate ragioni. La prima e più ovvia consiste nel fatto che il primo episodio, dal titolo “South Park e il bastone della Verità”, è semplicemente un capolavoro.

Un esempio lampante di come un gioco “povero”, sia graficamente che per struttura di gioco, possa rivelarsi invece bello bello bello in modo assurdo per il suo storytelling e le trovate comiche fuori di testa, ma soprattutto per la capacità di “piegare” il mezzo (il videogioco appunto) alle proprie necessità narrative e non il contrario, creando giochi, minigiochi e personaggi intorno alla storia.

Quindi, essendo stato il primo capitolo di una tale bellezza, uno non può che fremere all’idea di un secondo episodio.

La seconda ragione consiste nel fatto che sapevo da molto tempo che sarebbe stato completamente in italiano, anche a livello di localizzazione audio. Non voglio aprire la secolare faida del “è meglio in originale / è meglio doppiato” (a riguardo ho una posizione precisa, ma per argomentarla mi servirebbe una rubrica dedicata, oltre che un guinzaglio robusto e un vaccino antirabbia), ma per quanto mi riguarda sentire quel gruppo di bimbini dire “shit, fuck, douchebag” è molto meno incisivo che sentirgli dire “merda, ‘fanculo, coglionazzo”.

Terza ragione: già all’annuncio del gioco, il titolo si presentava come magistralmente epico: “South Park: Fractured but Whole”. E pensai ingenuamente: “ecco un gioco di parole tanto stupendo quanto intraducibile, questo purtroppo dovranno lasciarlo in inglese”. E invece se ne escono con “South Park: Scontri Di-Retti”.

Puro Genio (la maiuscola è voluta).

Per tutte queste ragioni ho accolto quasi con ottimismo i mille rimandi e ritardi dell’uscita, oltre un anno, visto che da fonti interne mi si diceva che il rimando era dovuto ai continui cambiamenti di sceneggiatura voluti da Trey ParkerMatt Stone.

Serve a farlo più bello? Aspetto, nessun problema.

Poi il gioco è finalmente uscito e io l’ho già divorato tutto, eppure con infinita tristezza mi sono reso conto che gran parte delle aspettative sono state deluse.

Siamo passati dall’ambientazione pseudo-fantasy all’ambientazione pseudo-supereroi, ma l’impianto di base resta molto simile al primo e altrettanto ben fatto: graficamente si presenta esattamente come il cartone animato mentre la struttura di gioco è quella di un molto semplificato JRPG (AKA gioco di ruolo giapponese) con moltissima esplorazione, combattimenti a turni, equipaggiamento e costumi personalizzabili, evocazioni e quest secondarie.

È anche molto bella l’idea di disseminare piccoli enigmi che potranno essere risolti solo una volta ottenuti degli alleati con poteri speciali e specifici (meccanica mutuata pari-pari dai videogiochi della Lego). Tuttavia mancano le trovate geniali del primo episodio, l’irriverenza c’è ma è sempre controllata… per dire: nella versione europea del primo episodio due scene vennero censurate (in Germania e Austria vennero addirittura rimosse tutte le svastiche degli zombie nazisti), in questo invece si ha un po’ l’impressione che il piede sia sempre sul freno, pronto ad entrare in azione appena il tachimetro corre un po’.

Ed è un peccato, perché sono proprio quelle accelerazioni che hanno reso Il Bastone della Verità ciò che è.

Scontri Di-Retti resta comunque piacevole e divertente, sia chiaro, ed alcune trovate strappano grasse risate ed altrettanto fanno certe battute a dir poco strepitose, ma nel bilancio finale non si può non pensare a come sarebbe potuto essere e rimane un po’ il retrogusto di un’occasione in parte mancata. C’è di buono che insieme a “Scontri Di-Retti” viene incluso anche il download gratuito de “Il Bastone della verità”, rendendone quindi assolutamente oculato l’acquisto.

Stefano Lucchelli