Musica

Storia ed evoluzione della musica elettronica – Parte II° Jean-Baptiste Delaborde

L’unico modello sopravvissuto di clavicembalo elettrico è lo stesso costruito da Delaborde, custodito con amore nella Biblioteca Nazionale di Francia a Parigi

Come abbiamo già visto l'evoluzione del concetto di musica elettronica presenta delle origini inaspettatamente ben lontane, e durante il diciottesimo secolo la caccia alla ricerca, all'invenzione di «nuove» tecnologie è tutt'altro che finita.

Pochi anni dopo il lavoro di Mr. D (cosi avevamo chiamato l'inventore del Denis d'Or), la gente continua a darsi da fare e obbliga a spostare la nostra attenzione sul territorio francese. È qui, infatti, più precisamente nel piccolo comune di La Collancelle, che vive un gesuita (un altro!) di nome Jean-Baptiste Delaborde, il quale, nei suoi 43 anni di vita, oltre a viaggiare considerevolmente per l'epoca, è impegnato in attività di studio come fisico, matematico, retorico ed insegnante. Ma soprattutto, per ciò che ci interessa, nel 1761 scrive «Le Clavessin electrique avec une nouvelle theorie du mechanisme et des phenomenes de l'electricité» («il clavicembalo elettrico con una nuova teoria del meccanismo e dei fenomeni dell'elettricità»).

Benché il titolo non sia il più adatto ad invogliare un qualsiasi lettore a documentarsi sulla detta teoria, questo testo è molto importante perché Delaborde vi descrive, da buon tecnico, la meccanica ed il funzionamento del secondo strumento elettrico più antico, che viene così chiamato: il «Clavecin Electrique» (il Clavicembalo Elettrico).

Se il Denis d'Or era provato solamente da qualche manoscritto, cosa che, se può rassicurarci della sua fondatezza teorica, può allo stesso tempo farci dubitare della sua esistenza concreta, ovvero della sua effettiva costruzione, il clavicembalo elettrico è documentato da molte più fonti, considerando soprattutto il fatto che lo stesso Delaborde organizza numerose esibizioni per mostrare la sua creazione al pubblico ed alla stampa dell'epoca che rimane abbastanza stupita dal marchingegno.

Il meccanismo di questo prodigio è molto semplice da sintetizzare: consiste in una tastiera che funziona grazie ai «semplici» principi dell'elettrostatica e che può riprodurre determinati suoni attraverso oscillazioni e vibrazioni metalliche. Se però la sintesi è chiara e netta, la spiegazione concreta del funzionamento del clavicembalo elettrico è cosa ben più ardua. La struttura interna infatti si basa su un supporto simile a quello di una campanella d'allarme contemporanea. Lo strumento si presenta per lo più come un grande carillon elettrico composto da un determinato numero di «campanelle», due per ogni tonalità (il pitch), che sono appese lungo una barra di ferro insieme ad i rispettivi batacchi, uno ogni due campanelle. Il tutto collegato ad una specie di valvola a sfera che funziona da generatore e carica il primo conduttore e la barra di metallo.

Il musicista preme un tasto ed una delle campanelle della coppia corrispondente viene tirata giù, staccandosi dalla fonte di carica. Il batacchio oscilla tra la campanella «scollegata» (elettricamente scarica) e quella ancora collegata (carica) emettendo il suono desiderato.

Vediamo quindi che, nonostante il meccanismo sia, per cosi dire, poco ortodosso, e di sicuro non convenzionale, soprattutto per l'epoca di cui stiamo parlando, l'idea di Delaborde è assolutamente geniale, frutto di innovazione e di un sapere scientifico eccelso.

La critica, sempre presente là dove ci sia una grande innovazione e che sottolinea la stranezza e di conseguenza la novità assoluta del progetto di Delaborde (altrimenti che innovazione sarebbe?), considera il clavicembalo elettrico come una brutta copia del carillon, ma il prete gesuita fa valere la propria invenzione organizzando delle «performances» aperte al pubblico, svolte solitamente in una stanza buia, dove a suo dire: «gli occhi dell'ascoltatore sono piacevolmente sorpresi da brillanti scintille».

Un modo abbastanza poetico per far capire che sia il pubblico, che soprattutto la stampa apprezzavano le performances e mostravano interesse per questo apparecchio che sfortunatamente non è stato sviluppato in seguito.

Il clavicembalo elettrico fu, infatti, presto dimenticato e l'unico modello sopravvissuto è lo stesso costruito da Delaborde, custodito preziosamente nella Biblioteca Nazionale di Francia a Parigi.

Ed è proprio perché è stato dimenticato tanto a lungo che è nostro dovere ricordarlo, con rispetto ed enorme ammirazione... Perché la storia di Delaborde ci insegna quanto sia importante prestare attenzione verso ogni "piccola" sperimentazione... abbracciare, con spirito critico, ogni novità.

Ottone Scamacca