Emanuele Scataglini, artista profondo e poliedrico, ci parla del suo ultimo progetto musicale "THE CAROUSEL", dedicato all'idea del viaggio.
Il "viaggio" inteso sia come esperienza di vita, sia come spunto di riflessione per analizzare se stessi, alla luce della filosofia del Novecento e con riferimento alla storia e alla letteratura.
- THE CAROUSEL, è il titolo del suo nuovo progetto musicale. Un'opera concettuale, dedicata all'idea del viaggio, che si sviluppa attraverso 4 capitoli. Come è nato e si è sviluppato il tutto?
Il viaggio è una tematica che mi ha sempre affascinato, ma è rimasto a lungo un progetto ai margini della mia esperienza creativa. Quando ho pensato di raccontarlo attraverso la musica e le canzoni mi sono posto delle domande: il viaggio è un passatempo? È una attività necessaria per gli esseri umani? Che differenza c’è tra il turista e il viaggiatore? Si viaggia solo fisicamente o anche mentalmente? Ed infine: cosa resta nel nostro animo dell’esperienza del viaggio?
È difficile dare una risposta completa a tutte queste domande, forse occorrerebbe un trattato di filosofia; quindi, ho dovuto fare una selezione e scegliere solo alcuni temi, quelli che ritenevo importanti. La prima cosa a cui ho pensato è alla capacità del viaggio di trasformarci.
Nella nostra cultura il viaggio ha delle antiche radici: nell’Odissea, ad esempio, è la scoperta di un mondo misterioso che porta con sé anche il cambiamento del protagonista. Ulisse non diviene altro da sé, rimane un sovrano greco, ma quando, alla fine del suo viaggio, torna ad Itaca, decide di fare una cosa che nessun eroe aveva fatto prima: si finge un mendicante. Anche lui, quindi ha subito una trasformazione, è partito per Troia con un esercito ed è tornato timoroso in patria dove è costretto a nascondersi sotto mentite spoglie, immedesimandosi e avvicinandosi alla vita degli umili. La sua curiosità lo ha portato a commettere tantissimi errori e il viaggio gli ha fatto scoprire cose che non avrebbe mai vissuto restando sulla sua isola.
Ulisse è una figura essenziale per la nostra cultura, si pensi all’interpretazione che ne diede Dante (che non conosceva l’originale greco). Molti filosofi danno al viaggio un ruolo essenziale nella riflessione filosofica, Pascal, Schopenhauer, Hegel, Nietzsche: per ognuno di loro, in modo differente il viaggio è metafora della trasformazione. Nel Novecento poi abbiamo avuto l’esistenzialismo che ha concentrato la sua attenzione sulla trasformazione dell’essere umano passando dai temi universali a quelli umani, per dirla alla Heidegger: dall’essere all’esserci.
Un pensatore che mi ha molto influenzato è stato Kierkegaard. Per lui la trasformazione è un out out, ovvero un cambiamento radicale, ma allo stesso tempo la vita è una ripetizione, ovvero un divenire ricorsivo. Noi attingiamo alle nostre esperienze passate anche per agire nel futuro, ma dobbiamo stare attenti, non rimanere vincolati a ciò che è stato, ma muoverci verso qualcosa che ancora dobbiamo conoscere.
Infatti, quando ripetiamo ci accorgiamo subito che non è mai possibile rifare la stessa esperienza, qualcosa è mutato in noi e proviamo questo mutamento e lo accogliamo. Per il filosofo di Copenaghen, quindi, la ripetizione è l’essenza stessa dell’uomo, il tempo della coscienza non è una linea retta, ma piuttosto un’elica che si muove verso l’alto. Questa forma è tipica della struttura del suono, in tutte le tradizioni esiste l’ottava: se parto da una nota alla fine giungerò ad un suono simile, più acuto o più grave, che mi ricorda proprio quel suono originario, mi muovo in circolo, ma al contempo torno indietro. La musica stessa è una forma d’arte dove la ripetizione è essenziale, ritornello, esposizione, tema, variazione; tutto in musica torna e cambia allo stesso tempo. Trovo quindi che l’idea di Kierkegaard abbia dei risvolti interessanti per descrivere il processo cognitivo dell’arte musicale e allo stesso tempo è utile anche per comprendere la vera essenza del viaggio.
Quando si finisce un viaggio non si è più uguali a prima. Viaggiare significa accettare nuove esperienze e alla fine ritrovarsi con sé stessi e con il proprio bagaglio personale che è cambiato. Quando si inizia un nuovo viaggio lo si intraprende pensando di ripetere l’esperienza passata.
Mi sembra, negli anni di lavoro di aver sempre parlato di questo aspetto sotto diverse prospettive. Ad esempio, nel mio album Belle Époque si sente forte la nostalgia di un passato che non può tornare, ma allo stesso tempo si avverte la domanda: cosa è rimasto di quel periodo storico e creativo?
Anche nell’ultimo album, Pablo, dedicato a Picasso dove ho cercato di focalizzare l’attenzione su uno degli artisti iconici dell’era contemporanea, mi sono posto sempre il tema del futuro dell’arte figurativa in rapporto al suo passato prossimo. Pablo era un disco totalmente strumentale, quindi gli elementi concettuali erano difficili da esprimere, ma sicuramente vi era nell’opera anche una riflessione, non solo sull’artista come persona, ma anche sulla sua dimensione interiore.
- Quali sono i punti cardine dell'opera?
Quello che ho cercato di esprimere sono gli aspetti positivi del viaggio, sono conscio che non tutto è semplice, che spesso nascono contrasti e conflitti, ma di questo parlano già tutti i mass media, io volevo dire qualcosa di diverso. Volevo porre l’accento sulla trasformazione personale del viaggiatore, sulla sua anima, ma anche parlare di musica, confini, nostalgia; per questo motivo il disco è uscito suddiviso in parti, per dare un significato diverso ai diversi capitoli.
Il progetto, infatti, si divide in quattro parti: una dedicata alle Americhe, continente padre di buona parte della musica che si ascolta oggi, come jazz, blues, pop, rock, rap, tango e Bossa, ovvero un’infinità di stili ed autori impossibile da raccontare completamente, ma che io ho cercato di sintetizzare in tre songs abbastanza originali come arrangiamento.
Successivamente, ho parlato del viaggio come nostalgia e qui la canzone essenziale è The Carusel ovvero la Giostra, dove il movimento circolare della giostra stessa è un viaggio verso la propria infanzia e contemporaneamente un evolvere verso il futuro.
Il terzo capitolo è invece dedicato ai luoghi lontani dove la musica diviene veicolo delle sensazioni, prodotte dal misterioso oriente o da Foreste incantate.
Il tutto si conclude con il tema dei confini. Cosa sono? Sono reali o imposti? Sono psicologici o fisici?
- E musicalmente, cosa può dirci su "THE CAROUSEL"?
È sicuramente il mio disco più rock, ci sono molti brani come The Valley, The Gate, On the River in cui la chitarra elettrica è protagonista. Non mancano però brani strumentali di ampio respiro come BreathTaking Landscape o Sunset in South America con chitarra classica in stile sudamericano.
Come sempre ho cercato di variare nell’impostazione musicale sia nell’arrangiamento che proprio nella composizione delle songs.
La canzone The Carousel è un piccolo gioiello, secondo me, sia il testo che la musica sono ottime, sono sicuro che con il tempo si diffonderà su un pubblico più ampio.
- Parliamo ora dell'idea del viaggio, sia come esperienza di vita sia come introspezione.
Sono due gli aspetti che ho considerato: il viaggio come spostamento fisico, ovvero mettersi in cammino e il viaggio come esperienza estetica: leggere, ascoltare musica, conoscere in genere.
Questi due aspetti sono complementari: il viaggio fisico, quello con la valigia, è lo spostamento vero, che però porta mutamenti solo se combinato all’esperienza estetica, cioè solo se ci trasforma dentro, se ci lascia l’esperienza di aver scoperto nuove prospettive, nuovi luoghi.
Il viaggio è sicuramente uno strumento che ci permette di acquisire nuove competenze, nuove prospettive. Io cerco sempre di vedere le cose da angolazioni diverse, anche fisicamente; se entro in un luogo mi muovo dentro, tocco i materiali, cerco di vivere un’esperienza fisica dello spazio. Molto spesso l’esperienza di un museo è aberrante, siamo fissi davanti al quadro come se il quadro non avesse una sua spazialità. Tutti abbiamo su di esso il medesimo angolo di visualizzazione, eppure quando è stato creato dall’artista, è stato realizzato nel suo studio, nella sua bottega, secondo me veniva percepito totalmente diverso da come lo percepiamo noi che siamo in una galleria, con luce ed aria fisse ed immutabili.
D’altro canto, quando Michelangelo e la sua bottega dipinsero la Cappella Sistina, l’illuminazione era totalmente diversa da oggi, candele, fumo, nessun riscaldamento. Doveva essere un viaggio vero e proprio nel paesaggio metafisico del Giudizio universale. Pensare che le cose possano essere viste da una sola prospettiva è un errore, il viaggio dovrebbe insegnarci questo, a capire che il punto di vista cambia.
Viaggiare per me ha questo significato profondo, mutare prospettiva, vedere la propria casa da lontano. Nella canzone Song of Distance racconto proprio questo, è il canto di chi vede per la prima volta la propria casa da un luogo diverso e si interroga sulle sue radici.
- E quali sono i viaggi che ha fatto che l'hanno più segnata?
Ho amato tutti i miei viaggi, ma naturalmente quelli più avventurosi e meno scontati sono quelli che mi hanno segnato di più. Quando viaggio senza organizzazione mi diverto molto di più.
Nel viaggio turistico non devo per forze fare tutte le tappe, a volte preferisco perdermi qualcosa di importante per soffermarmi sul più piccolo. Confesso di avere un legame speciale con l’Africa. Mi piace la cultura africana, la sua forza, la violenza della sua natura e il senso di tradizione che molti africani hanno. Purtroppo, la cultura è in pericolo, stiamo andando verso l’omologazione dei paesaggi e dei costumi.
- E quali sono i suoi viaggi interiori? Cosa cerca dentro se stesso?
Mi piace conoscere, leggere, informarmi; ho fatto anche psicoanalisi, cerco di conoscere me stesso come diceva Socrate, non sempre però ci riesco, il tempo vola, fugge. Forse come dice Nazim Hikmet nella sua meravigliosa poesia Itaca, la ricchezza del viaggio sta nel viaggio stesso, nel percorso attraverso ostacoli, amori, vittorie, non nella sua destinazione finale. E così è anche per la ricerca all’interno di sé.
- Arriviamo a "Beyond Borders" il capitolo che va a concludere il progetto.
Oggi nel mondo globalizzato esiste la percezione che il viaggio sia un’esperienza essenziale, purtroppo le merci e il capitale hanno maggiori diritti degli esseri umani, se viaggi come turista e spendi, compri, consumi, sei il benvenuto, se viaggi per bisogno o anche per farti una nuova vita, sei visto con sospetto.
Questa contraddizione si è fatta più forte oggi di ieri. L’uomo ha sempre avuto bisogno di spostarsi, di migrare, come tutte le specie cerca, nei momenti di difficoltà, di trovare un posto nuovo dove prendere rifugio, eppure oggi l’emigrazione è vista sempre con sospetto, soprattutto perché a migrare sono i più poveri.
Il confine è in noi e fuori di noi. Il confine è necessario, siamo animali che amano essere sicuri in un recinto, allo stesso tempo, se questo recinto diventa più importante degli altri, allora perdiamo la nostra umanità e finiamo per diventare egoisti. Il confine è un concetto molto complesso, l’uomo ha il suo corpo che ne delimita l’esistenza e allo stesso tempo ha necessità di interagire con gli altri. Appena nati se non venissimo presi in braccio moriremmo. Quando siamo adulti cerchiamo di essere compresi dagli altri, siamo essere intersoggettivi che hanno imparato a sopravvivere anche grazie alla cooperazione. Gli Stati sono nati per delimitare i confini, le guerre esistono per allargare i confini. Parafrasando Brecht gli Stati hanno bisogno di spazio, ma alla fine l’unico spazio che avremo è quello che ci riserva la nostra morte e allora: perché lottare se non ci rimane niente?
Sarebbe meglio cooperare, ci sono tante teorie sul valore della cooperazione e sul fatto che questa arricchisce tutti, eppure noi pensiamo sempre al mondo come diviso tra noi e gli altri. Questa è un’idea errata di confine.
Oltre i confini possono esserci nuove prospettive, nuove terre, nuovi mondi.
- E se "Beyond Borders" rappresenta una visione oltre confine, oltre la "siepe" vi è un nuovo inizio?
Si ricomincia sempre, si vive l’esperienza passata anche per vivere il futuro. Dietro la siepe non so cosa ci sia, neanche Leopardi ce lo ha detto e se non lo sapeva lui non credo che io ci riuscirei... nemmeno in mille anni a capirlo.
- Quindi "oltre"... cosa dobbiamo aspettarci da Emanuele Scataglini? Quali nuove idee? E quali nuovi progetti sono all'orizzonte?
Sto lavorando and un nuovo progetto dedicato al tempo e all’amore. O il tempo dell’amore o l’amore del tempo. Tornerò anche a cantare. Sarà sicuramente interessante, ho già molto materiale.