Arte

La Storia dell’Arte ai tempi dei social network

Una materia che vogliono sopprimere dagli insegnamenti scolastici ma che è fondamento della nostra cultura

Tempi duri per l’insegnamento della Storia dell’Arte.

La disciplina che, secondo Roberto Longhi, “ogni italiano dovrebbe imparar da bambino come una lingua viva, se vuole avere coscienza intera della propria nazione” e il cui scopo è stato definito così da Salvatore Settis: “A che cosa serve la Storia dell’arte? È semplice: come tutte le scienze (e in particolare quelle storiche) serve per capire. Serve per capire un mondo come il nostro inondato da immagini senza subirle passivamente, sapendone smontare e ricostruire i meccanismi di persuasione” oggi è profondamente in crisi.

Infatti, la Storia dell’Arte, introdotta dalla riforma Gentile del 1923, rischia davvero di uscire definitivamente dai programmi scolastici e dal futuro di tantissimi studenti. Questa materia sta infatti per essere cancellata o comunque il numero di ore e anni dedicati al suo insegnamento e il suo studio sta per essere ridotto drasticamente.

Non solo la Storia dell’Arte in molti istituti è diminuita o totalmente tagliata, ma anche il Disegno ha subito lo stesso trattamento, fino ad arrivare alla vera e propria cancellazione degli Istituti d’Arte. Non è scomparsa soltanto la conoscenza degli artisti più celebri del nostro patrimonio culturale, si stanno perdendo anche i saperi del grande artigianato, proprio quelle arti applicate come il design, la moda, la grafica, da sempre gloria della nostra eccellenza creativa e base del nostro export. Un documento di ISAlife, l’associazione degli ex Istituti d’arte aboliti, ricorda che “proprio in quelle scuole professionali si sono formati gli artigiani che hanno creato e tengono in vita la tradizione del made in Italy nel mondo”.

Negli ultimi due anni sono stati fatti numerosi appelli per cercare di salvare questa fetta del nostro sapere. La recente raccolta di 15mila firme sostenuta dallo stesso ministro dei Beni culturali Massimo Bray sembrava poter avere successo: il 31 ottobre 2013 era finalmente arrivato in Commissione Cultura Scienze e Istruzione della Camera l’emendamento per ripristinare la Storia dell’Arte nella Scuola secondaria.  Il sì sembrava scontato ma alla fine l’emendamento «non ha trovato ascolto», bocciato perché, dice la motivazione della maggioranza della Commissione, reintrodurre la materia “significherebbe aumentare una spesa che è stata tagliata perché il Paese non è in grado di sostenerla”. Uno schiaffo proprio mentre il Governo sembra impegnato nella difesa della cultura e del suo valore, etico ed economico.

E tutto questo mentre numerosi paesi d’Europa come Francia, Austria e Portogallo, si ispirano alla vecchia riforma italiana e introducono l’Arte anche nelle classi elementari.

Per mantenere viva la richiesta di una rinascita, da poco è nata una nuova associazione, Artem Docere (Associazione Nazionale Docenti Disegno e Storia dell’Arte) che si batte assieme alle altre associazioni «storiche» come l’Anisa; Marinella Galletti, presidente di Artem Docere annuncia nuovi appelli e azioni: “La battaglia culturale per la restituzione di Disegno e Storia dell’Arte, ricomincia da adesso”.

Nel frattempo però i social network, fin dalla loro nascita riflesso della nostra società, specie delle fasce più giovani, danno un minimo di speranza a un paese come l’Italia dove tra poco l’Arte non verrà più studiata.

Vi è infatti un nutrito numero di giovani (proprio quei giovani che non studieranno o non studiano quasi più Arte a scuola) che un interesse verso questa materia lo mostra. Prova ne sono le condivisioni di immagini e video che parlano di arte nei social network. Il video di Rino Tagliafierri di qualche settimana fa ne è un esempio, ma non è l’unico.

L’ultimo fenomeno italiano su Facebook (la piattaforma sociale più usata da giovani e giovanissimi) è infatti una pagina che proprio di arte si occupa. Una pagina scherzosa, ironica, fuori dagli schemi rispetto allo studio dell’arte canonico, ma che proprio per questo si rivolge ai giovani e giovanissimi.

L’idea di base è semplice. Vi è un’immagine di un’opera pittorica del nostro patrimonio, a cui è accostata una didascalia scherzosa, un fumetto. “Se i quadri potessero parlare”, questo il nome della pagina che a poche ore dalla sua creazione mostrava già migliaia di “fan”.

Oggi la pagina conta più di 600.000 persone che ogni giorno osservano e scherzano su quadri che altrimenti in molti casi neanche avrebbero l’occasione di conoscere. Anche il suo creatore Stefano Guerrera, uno studente universitario, pugliese d’origine ma romano d’adozione, classe 1988, è a dir poco sorpreso dal successo enorme che la sua scherzosa idea ha avuto. Ma non vi sono solo scherzi e risate. Infatti ogni foto commentata e condivisa è munita anche di una reale didascalia con il nome dell’opera, l’autore e la data di realizzazione.

Per cui non si tratta di deridere opere famose, ma far conoscere e apprezzare opere di grande valore anche ai giovanissimi, usando il loro linguaggio, quello dei social network, delle foto dotate di commenti scherzosi e dell’umorismo.

Infatti Stefano Guerrera così commenta la sua attività. “La ricerca di nuovi opere è qualcosa di stimolante che mi ha dato la possibilità di conoscere capolavori di cui ignoravo l’esistenza. Un risvolto didattico – se vogliamo – che mi sprona ancora di più a continuare. L’idea della pagina è stato anche un modo di rispondere all’appello per riportare lo studio della Storia dell’Arte nelle scuole.”

Dunque il successo fuori misura che questa insolita iniziativa ha riscontrato fin da subito mostra che anche quella dei social network è una via per far avvicinare i ragazzi a una disciplina altrimenti quasi abbandonata al suo destino.

Cinzia Colantoni