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Recensione stagione 4 di Orange Is the New Black: un finale spettacolare per una stagione spettacolare

Nel guardare la terza stagione di Orange Is the New Black era impossibile non rendersi conto di un cambiamento fondamentale rispetto alle prime due stagioni: la narrazione non era più concentrata su Piper. Tutte le storie delle detenute erano diventate importanti, attraverso flashback che le raccontavano puntata per puntata. Lo stesso accade nella quarta stagione, in cui, oltre all’entrata di molti nuovi personaggi, lo spettatore impara a conoscere meglio anche quelli visti sullo schermo fin dalla prima puntata.

Una delle new entry più efficaci, forse la più efficace in assoluto, è sicuramente il personaggio di Judy King, interpretata da Blair Brown, di cui si era già sentito parlare nella stagione precedente, ma che entra ora effettivamente al Litchfield. Star televisiva, rinchiusa in carcere per questioni finanziarie, Judy King è sicuramente un personaggio ambiguo. All’inizio sembra affabile, simpatica, moderna, con le sue idee sulla liberalità dell’amore e un’apparente desiderio di aiutare gli altri. Tuttavia, ci mette poco a rivelarsi per quello che veramente è, ossia un’egoista e un’opportunista, interessata principalmente al proprio benessere personale e alla soddisfazione dei propri vizi, non importa quanto discutibili possano essere.

Il suo arrivo al carcere femminile mette in crisi il direttore Caputo (Nick Sandow), che si vede costretto dai piani alti a proteggerla in ogni modo, assegnandole una cella riservata e fornendole tutte le comodità che desidera. Ed è proprio Caputo uno dei personaggi che si impara a conoscere meglio in questa stagione. Fiero del suo nuovo ruolo, conquistato con molta fatica, cerca di fare ciò che è meglio per le detenute, scontrandosi sia con la sua ingenuità, che lo porta a commettere errori grossolani e a fidarsi di chi non dovrebbe, e con il cinismo della società proprietaria del carcere, che antepone il profitto economico al benessere delle detenute e al rispetto dei loro diritti umani. È stato interessante, ma anche frustrante, osservare la lentezza con cui Caputo si è reso conto di quanto sia crudele il meccanismo in cui è andato a infilarsi; e anche se, verso la fine della stagione, cerca di fare di tutto per rimediare ai propri errori, ormai i danni sono talmente ingenti da rendere la situazione irrecuperabile.

Piper Chapman (Taylor Schilling), invece, che eravamo abituati a considerare la protagonista, assume nella prima parte della stagione quasi il ruolo di villain. Convinta di essere diventata un genio del crimine, comincia a girare per la prigione vantandosi di un ruolo che in realtà non ha mai ricoperto, riuscendo soltanto ad attirarsi le antipatie delle altre detenute (e spesso anche dello spettatore), e incappando in incidenti poco piacevoli. Decisamente avventurosa, invece, la vicenda di Alex, che si trova coinvolta, suo malgrado, in un omicidio, che la farà temere per la propria vita.

Tema ricorrente in tutta la stagione è quello del razzismo, inevitabilmente già trattato anche nelle altre stagioni, ma decisamente più incisivo in quest’ultima. Un po’ per la neoformazione inneggiante al nazismo a cui dà involontariamente vita Piper, un po’ per la nuova direzione presa dal gruppo delle domenicane capeggiate da Maria Ruiz (Jessica Pimentel), la lotta tra i diversi gruppi etnici presenti nel carcere diventa ancora più violenta. Ci sarà solo una cosa in grado di far mettere da parte l’odio l’una per l’altra, e sarà l’odio comune per le nuove guardie, crudeli e autoritarie.

Rispetto alle stagioni precedenti, le storie d’amore, pur presenti, hanno avuto meno spazio, lasciandone di più a temi maggiormente incisivi, tra cui anche la paura e la discriminazione a cui sono sottoposte le persone affette da malattie mentali. Se la terza stagione era sembrata a molti più lenta e dispersiva, meno avvincente rispetto alla prima e alla seconda, la quarta recupera decisamente tutto ciò che si era perso. Il finale di stagione, in particolare la sequenza che chiude la puntata, lascia senza fiato, e il merito va sia al modo in cui è stata girata, sia alla colonna sonora (la canzone è Muddy Waters di LP), sia alla scelta del personaggio a cui è affidata la chiusura di stagione. Un finale spettacolare per una stagione spettacolare.

La recensione è di Francesca Raviola