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La tiella: da specialità tipica al marchio D.E.C.O.

La leggenda vuole che sia stato Ferdinando IV di Borbone, nel corso di una delle sue visite a Gaeta- durante le quali amava mischiarsi e confondersi con la popolazione locale-, a ideare quello che tutt’oggi è il piatto tipico del pittoresco borgo marinaro: la tiella.

Sembra che il re, in occasione di un soggiorno nella cittadina laziale, ammaliato dalla maestria con cui una massaia preparava la pizza, le abbia chiesto di dar vita a una pietanza, da cuocere al forno analogamente alla medesima, composta da due strati circolari di pizza posti l’uno sull’altro, chiusi lungo i bordi, e inframezzati da un ripieno di scarola, olive e olio. Ne scaturì una sorta di focaccia ripiena che venne denominata tiella, termine derivato dal latino tegella (da tegere, coprire), col quale si faceva riferimento al contenitore, munito di coperchio, col quale la vivanda veniva cotta in forno.

Che ne sia stato o meno l’inventore poco importa: quel che è certo, perlomeno per i gaetani, è che il sovrano, e con lui tutta l’aristocrazia, sia stato un fervente estimatore e un gran consumatore di quello che lui considerava un piatto unico completo, “primo, secondo e terzo”.

Successivamente alla caduta del regime borbonico, la tiella rimase un piatto molto diffuso e consumato dalla popolazione laziale e finì col divenire il pasto principale degli emigranti italiani, i quali ne apprezzavano sia la bontà, sia il suo carattere di piatto completo che poteva essere conservato e consumato anche trascorsi alcuni giorni dalla sua preparazione.

È col sopraggiungere degli anni del cosiddetto boom economico, durante i quali si vogliono dimenticare la miseria e l’arretratezza che hanno caratterizzato l’Italia sino a quel momento, anche eliminando tutto ciò che riporta alla mente i tempi bui appena andati, che il consumo della tiella subisce una battuta d’arresto che la fa quasi “dimenticare” per alcuni anni.

Anche grazie al poderoso recupero storico-culturale posto in essere dall’Associazione Gaetavola, tuttavia, la specialità gastronomica laziale riesce, poco a poco, a tornare alla ribalta, a essere inserita nell’elenco dei prodotti tipici della Regione Lazio, e, nel 2005, a ottenere l’assegnazione del marchio D.E.C.O. (denominazione comunale di origine).

Poco più d’un mese fa la tiella ha travalicato i confini laziali e ha fatto la sua comparsa al Salone del Gusto di Torino -per la prima volta svoltosi all’aperto e a ingresso libero e gratuito-, ove molte persone accorse a visitare la manifestazione internazionale hanno potuto conoscere, assaggiare e apprezzare la gustosa vivanda (presentata nelle sue numerose varianti, con differenti ripieni di prodotti di terra e di mare).

Per gustarla appieno, sia che la si consumi in un locale, sia che la si consumi a casa, lo scrittore Pasquale di Ciaccio consiglia di “mangiarla a quarti, senza l’aiuto delle posate”, precisando che “non c’è gusto se non la si prende fra le dita” e raccomandando al consumatore di fare attenzione a che l’olio scorra sulle braccia.

Solo così, a suo avviso, sarà possibile godersi realmente la tiella.

Non resta che rimboccarsi le maniche prima di mettersi a tavola -pena la camicia o la maglia inzuppate di olio- e, come sempre quando si tratta di cibo, assaggiare.

Dalila Giglio