Con la serie tv 'I Medici' certamente la RAI ha compiuto un'operazione commerciale di grande successo, perché il prodotto dal sapore internazionale funziona - gli ultimi due episodi trasmessi in prima visione mondiale hanno registrato medie d'ascolto molto importanti con oltre il 26% di share - e la tv di Stato ha ripreso la tradizione dei grandi sceneggiati storici come Marco Visconti, la vita di Leonardo Da Vinci, i Promessi Sposi, Cristoforo Colombo e Marco Polo, immergendo lo spettatore nel fascino di un'epoca straordinaria, in una città (Firenze) che rappresentava, allora, la Capitale della cultura mondiale, la culla dell'arte.
Un successo sublimato, inoltre, da un cast stellare: Richard Madden (Game of Thrones) e l'intramontabile Dustin Hoffman.
Tutto positivo quindi... ma successo a parte, bisogna constatare gli aspetti più curiosi, perché per dare spazio alla spettacolarità e carpire l'attenzione del pubblico la sceneggiatura ha subito un'elaborazione tale che ne ha risentito l'accuratezza storica.
Vediamo le inesattezze più evidenti:
- L'aspetto fisico di Cosimo de' Medici. Nella serie Cosimo De Medici è interpretato dal bellissimo ed affascinante Richard Madden. Ma nella realtà, da quanto traspare dalle raffigurazioni che ci tramandano il volto di Cosimo de' Medici, il mecenate fiorentino doveva essere tutt'altro che aitante e di bello aspetto.
- La barba. Molti protagonisti della serie hanno la barba (i due fratelli de' Medici) ma nei dipinti che li ritraggono non l'avevano.
- E' una inesattezza anche la facciata del Duomo di Firenze mostrata come la vediamo oggi, perché fu completata solo nel 1887.
Molti riferimenti storici sono totalmente romanzati:
- La morte di Giovanni di Bicci de' Medici (Dustin Hoffman): il patriarca morì nel febbraio del 1429 per cause naturali circondato dalla famiglia e non avvelenato come raccontato nella fiction RAI.
- La morte di Rinaldo degli Albizzi: assassinato in un agguato nella fiction venne nella realtà esiliato e morì ad Ancona nel 1442. Non fu dunque Cosimo de' Medici ad ordinarne la morte.
Lo storico Franco Cardini su 'Repubblica' ha scritto: "Dai 'titoli di coda' apprendiamo che non c'è l'ombra di un consulente storico, né un libro serio di riferimento".
Feroce, anche, il commento del critico d'arte Philippe Daverio:
"Esiste una funzione didattica di chi ha la responsabilità culturale, che non è permesso tradire.
È una sconfitta della cultura. […] La nostra identità è sacra, e le nostre origini sono il ceppo su cui formeremo il nostro domani. Offrire ai giovani un’immagine così da paccottiglia di un passato glorioso è un crimine contro i beni culturali".
Niente Storia, quindi, ma tanta tanta fantasia per la gioia dell'Auditel.