Musica Psicologia e Sociologia

La musica, lo specchio dell’anima

I gusti musicali sono determinati non solo da fattori genetici e ambientali ma anche dallo stile cognitivo di ognuno

“De gustibus non est disputandum”: le preferenze altrui in fatto di cibo, abbigliamento, cinema, letture, sesso, sport e numerosi altri aspetti dell’esistenza legati alle inclinazioni individuali di ciascuno, non si discutono: la musica non fa eccezione.

Classica, strumentale, popolare, rock, pop, punk, ska, dance, blues, new wave, jazz, country, gospel e molto altro ancora, i generi musicali sono così disparati che ce n’è davvero per tutti i gusti, i quali risultano essere determinati in parte da fattori genetici e in parte da fattori ambientali.

A far sì che a un cantante nostrano di musica leggera si preferisca un gruppo straniero che suona pezzi heavy, non sono soltanto i geni, la personalità e le esperienze individuali di ognuno, ma anche lo stile cognitivo.

La suggestiva scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori inglesi capitanati dallo psicologo Simon Baron Cohen e ha visto coinvolti circa 4.000 volontari: gli stessi si sono sottoposti a una serie di test atti a sondare le loro preferenze musicali e a definire il loro stile cognitivo al fine di verificare se esistesse o meno una correlazione tra questi due fattori.

Dai risultati della corposa ricerca è emerso quello che gli psicologi avevano supposto, e cioè l’esistenza di una relazione tra stile cognitivo - che può essere empatico o sistematico - e gusti musicali.

Lo studio ha, infatti, evidenziato come le persone provviste di uno stile cognitivo empatico tendano a prediligere melodie dolci, melanconiche e introspettive, al contrario di quelle dotate di uno stile cognitivo sistemico, le quali preferiscono pezzi energici, vivaci e complessi. Alle orecchie di una persona empatica, quindi, risulterà maggiormente godibile un brano-usando la terminologia impiegata dagli stessi ricercatori- unpretentious, vale a dire semplice, comune (quale potrebbe essere un pezzo di musica folk), mentre a quelle di una persona analitica suonerà meglio una canzone pretentious, ovvero ricercata, soprattutto dal punto di vista del suono (potrebbe esserne un esempio un pezzo di avant garde jazz).

Tra i fattori che concorrono a determinare il gusto musicale figura, pertanto, anche lo stile cognitivo, il quale, tuttavia, risulta “influenzato” dall’età, dal genere sessuale e dalla competenza in campo musicale: numerosi studi, tra i quali quelli condotti dallo psicologo Kreutz, hanno messo in luce la prevalenza, nelle donne, dell’ascolto emotivo, e negli uomini di quello analitico, nonché la maggiore diffusione dello stile cognitivo sistemico fra i cantanti, i musicisti e gli addetti al settore.

C’è, insomma, chi ascolta i brani con il cuore, concentrandosi prevalentemente sulle emozioni che gli stessi suscitano e chi, invece, si focalizza sui pezzi analizzandone dettagliatamente i suoni e la modalità di esecuzione: due modi diversi di trarre piacere dalla musica.

Aveva ragione lo scrittore Arnold Bennet, dunque, quando affermava che “il linguaggio della musica è il solo linguaggio che l’anima capisce”: la musica è ciò che meglio esprime quello che siamo cognitivamente, socialmente ed emotivamente.

La musica è lo specchio dell’anima.

Dalila Giglio