Accade in Etiopia, nel villaggio Hamer di Turmi. Al mattino un giovane si prepara per la cerimonia del "salto dei tori", un rito che segnerà il suo passaggio alla vita adulta.
Le donne, alcune adolescenti, all'interno delle loro capanne di argilla e paglia si sistemano reciprocamente l'acconciatura intrecciando sottili ciocche di capelli (denominate "goscha") che impastano con resina, burro, polvere di ferro e argilla rossa.
Le più anziane, ornano i capelli con piume di rapaci e fiori dai colori vivaci. Tutte indossato dei gonnellini di pelle decorati e arrotolano le maglie di cotone fino a mostrare la schiena.
Il sole sorge alto, dai villaggi limitrofi, dopo giorni di cammino, arrivano i rappresentanti delle altre tribù.
Oggi un ragazzo del villaggio diventerà adulto affrontando il dorso di 10 tori, mentre le sue dirette parenti... le donne, offriranno la schiena in segno devozione e di attaccamento al "naala" (il giovane) che, superata la prova, diventerà "daala" (adulto) e potrà convolare a nozze.
Con queste cicatrici, le donne vanteranno un "credito" nei confronti del nuovo uomo: che da questo momento dovrà badare alle loro necessità e proteggerle in caso di pericolo.
In uno spiazzo aperto tra le capanne, le prime ragazze iniziano i cerimoniali cantando e ballando in circolo e richiamando l'attenzione dei presenti con un suono stridente di flauti e trombette.
Stretti ai polpacci con cinghie di capra hanno dei campanelli di metallo (detti "warawara"), che maggiormente amplificano le cantilene ed il tremitio delle danze. Le donne saltano fino a far tremare il terreno e attendono l'arrivo dei Maz, gli uomini adulti.
I Maz distribuiscono fra loro alcune fascine, recuperate dalla corteccia degli alberi mentre il ritmo delle danze aumenta fino ad un estremo fermento - uno stato di trance - che pervade tutti i presenti.
Le donne pronte al sacrificio si fanno spalmare dalle più anziane ulteriore unguento sulla schiena, sulle spalle e sulle braccia: quindi violenti arrivano i primi colpi delle verghe sulla loro pelle. E se i Maz provano a sottrarsi al loro ruolo di carnefici, le donne li incitano affinché colpiscano con forza, provocando le più ampie ferite. Perché essere scarnificate, sanguinare copiosamente, portare sulla schiena atroci cicatrici è segno di coraggio e valore.
Il rituale prosegue carico di violenza con i legni che schioccano sulla schiena delle donne, senza che si percepisca un urlo o un gesto di paura sul volto delle Hamer. Anzi, tutte mostrano un'espressione fiera di sfida perché più importante sarà la cicatrice più la donna potrà essere ammirata in futuro.
La giornata termina, con l'iniziazione del giovane che, completamente nudo, sale sopra una fila di tori... cammina sul dorso delle fiere tre volte in un senso e tre volte in quello opposto.