Psicologia e Sociologia

Le mille sfumature dei colori

Si fa presto a dire bianco, rosso e blu: i colori, infatti, vengono percepiti differentemente in base al luogo nascita e alla cultura, e spesso le loro denominazioni variano di paese in paese.

“Niente di ciò che appare è come sembra”, soprattutto quando si parla di colori.

Un fiore che a noi appare “rosa caldo”, solo per fare un esempio, a un altro potrebbe apparire “rosa scuro”, a un altro ancora “rosa antico”, a qualcuno potrebbe addirittura sembrare “rosa vivo” o “rosa profondo”.

Nessuno ha ragione e nessuno ha torto: ognuno, infatti, percepisce i colori in maniera differente, e non solo perché non esistono al mondo due occhi uguali, ma anche perché la percezione dei colori varia a seconda delle aree geografiche di appartenenza e delle culture che le caratterizzano (è intuitivo che il modo di vedere i colori degli africani sia molto diverso da quello degli scandinavi). Ne è un esempio lampante il bianco: in Occidente ha una connotazione marcatamente positiva, che gli deriva dal suo essere associato alla purezza e alla pace, mentre in Oriente ha un’accezione negativa, incarnando il colore del lutto.

E’ indubbio, pertanto, che la cultura influenzi la visione cromatica, mentre non è ancora del tutto chiaro se, dal punto di vista neurofisiologico, gli esseri umani percepiscano o meno i colori tutti allo stesso modo, senza che vi siano differenze legate all’età, né se la lingua nativa condizioni, oppure no, il modo di vedere i medesimi.
In ordine all’aspetto neurologico, i più recenti studi condotti dall’Università di Tokyo dimostrano che nei neonati, ossia nei soggetti prelinguistici per antonomasia, i colori generano risposte cerebrali analoghe a quelle che stimolano negli adulti, il che sarebbe indicativo del fatto che la percezione dei colori ha una base universale che prescinde dal linguaggio.

Rispetto al ruolo della lingua, invece, il dibattito fra coloro che ritengono che sia il linguaggio a modificare la visione cromatica e quelli che sono convinti del contrario, è ancora piuttosto acceso; probabilmente, come spesso accade, la verità sta nel mezzo, il che significa che l’interferenza fra percezione e linguaggio è continua e reciproca.

Quel che è certo, è che tutti gli idiomi linguistici possiedono al massimo undici categorie fondamentali di colori, le quali, chiaramente, non tengono conto delle particolarità linguistiche proprie di ogni paese in fatto di nuance.

In Russia, ad esempio, si distingue fra blu chiaro e blu scuro, colori per i quali si usano denominazioni diverse, mentre in Galles (ma anche in altri paesi) si usa lo stesso vocabolo per indicare il blu e il verde.

I colori, insomma non sono uguali per tutti, ma per tutti costituiscono degli elementi dotati non solo di un mero valore estetico, ma anche di un significato simbolico, psicologico e culturale, di cui erano consapevoli già i nostri antenati.

Dietro a un verde o a un rosso o a un blu c’è molto di più di una banale tinta: “il colore ci parla e noi dobbiamo sforzarci di comprendere ciò che esso dice”.

Per fortuna viviamo in un mondo fortemente variopinto: non ci resta che scoprire cosa i colori vogliano dirci.

Dalila Giglio