Psicologia e Sociologia

La solitudine degli internauti

Quanto più ci si addentra nel mondo della “rete”, tanto più ci si allontana da quello reale

Internet ha spalancato le porte alla globalizzazione dell’informazione, dei pensieri e degli stati d’animo di ciascuno di noi che veicolano nell'infinito mondo della “rete” senza alcun controllo o verifica preliminare sulla loro autenticità.

E’ come un treno su cui si può salire liberamente in qualsiasi momento: l’unico documento di viaggio richiesto è una password che ci costruiamo fra le innumerevoli combinazioni numeriche o alfanumeriche che conserviamo fra i nostri appunti o in qualche angolo recondito della nostra memoria.

Siamo un numero, un codice, delle lettere prestampate. Siamo un vortice di emozioni, di faccine che sorridono e che invece piangono per davvero…”

Così recita il testo iniziale di una delle mie canzoni de L’aquila non ritorna intitolata, per l’appunto, Password.

La comunicazione multimediale è divenuta un’esigenza sempre più impellente e, in molti casi, essenziale e strategica. L’hanno capito in milioni di persone, dai “comuni mortali” ai potenti della Terra. Persino il Santo Padre ha aperto un proprio profilo Twitter per cinguettare con i fedeli di tutto il mondo. Come dire che il messaggio cristiano, visto lo spopolamento delle chiese, può essere più efficacemente diffuso attraverso questa moderna modalità in luogo o in accompagnamento alle tradizionali omelie.

Ma è vera gloria?

Credo sia necessario distinguere la comunicazione come promozione di un prodotto o di un messaggio pubblicitario da quella interpersonale che si attua attraverso i vari social network. Nel primo caso sono indubbi i vantaggi del poter stillare l'informazione rispetto ai fini economici o commerciali perseguiti. Nel secondo, la comunicazione può essere fuorviante rispetto al significato proprio del termine. Comunicare è mettere in comune qualcosa per rendere partecipi, implica cioè una relazione attiva e propositiva tra due o più persone.

Due sono gli elementi fondamentali della comunicazione sociale: il bisogno di trasmettere un pensiero, uno stato d’animo, e l’aspettativa dell’ascolto, della partecipazione e della condivisione.

Curiosando fra gli infiniti post dei vari social, al primo elemento non si accoda quasi mai il secondo.

In altri termini, mentre vi è una fortissima esigenza di trasmettere, di essere protagonista dell’informazione a qualsiasi costo pur di uscire dalla propria solitudine implosiva ed esplosiva, raramente si riscontra, per converso, l’effetto benefico e vitalizzante dell’ascolto, che poi altro non è che il bisogno di attenzione.

Riporto come esempio due post che ho letto qualche tempo fa in un famoso social network per rendere meglio l’idea:

1) “Oggi ho rigirato il materasso per il cambio di stagione”.

Risultato: 15 mi piace, 4 condivisioni, 1 tag della foto (quella del materasso) e qualche “emoticon” per rendere il tutto più colorito. Appare evidente la distonia tra la puerilità del messaggio, forse foriera di una frustrazione mal vissuta nella vita reale, e la sproporzionata condivisione che genera più di un sospetto in quanto ad autenticità.

2) “Grazie a ...omissis...  per avermi accompagnato a casa.

Si suppone che la scena, quella del passaggio, sia davvero avvenuta in realtà. Ma in questo caso il ringraziamento è traslato direttamente nel mondo virtuale.

Con questo voglio dire che la virtualità della comunicazione rischia di minare, fino a soppiantarla, la realità delle relazioni sociali. Quanto più ci si addentra nel mondo della “rete”, tanto più ci si allontana da quello reale fino a divenire…

"… un numero,  un codice,  delle lettere prestampate,  un vortice di emozioni,  di faccine che sorridono e che invece piangono per davvero…"

Vittoriano Borrelli