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Storia e cultura dell’igiene nel corso dei secoli

Dagli affreschi rinvenuti durante gli scavi archeologici, in epoca greca e romana, l'igiene sembrava essere relativamente importante. Il sapone come lo conosciamo e usiamo oggi non esisteva. Al suo posto venivano utilizzati oli ed essenze profumate.

I romani usavano, inoltre, fare il bagno e ripulire la pelle con lo strige (o strigile), uno strumento di legno che serviva a raschiare via lo sporco.

Oltre ciò avevano intuito l’importanza dell'acqua come fonte indispensabile per poter condurre una vita sana, e per questo costruirono innumerevoli reti idriche e fognarie, ma purtroppo nonostante la loro cultura fosse improntata sull'igiene personale, medicinali, antibiotici e vaccini non esistevano ed anche una lieve infezione poteva facilmente aggravarsi divenendo fatale.

Ma se Greci e Romani non avevano scoperto l’uso del sapone, in Europa, dal Rinascimento fino all'Illuminismo, fare il bagno era una pratica scoraggiata in quanto si riteneva che proprio l'acqua potesse veicolare le malattie. I medici ritenevano che l'acqua potesse aprire i pori della pelle, attraverso i quali potevano infiltrarsi gravi malattie. Addirittura veniva consigliato il riposo dopo ogni bagno.

Questa convinzione era probabilmente dovuta al fatto che l’acqua all’epoca, non potendo essere filtrata in alcun modo risultava infetta; ed era considerata una forma di malevolenza proveniente dal demonio, e ci si puliva "a secco" con sabbie e ciprie.

Ecco dunque spiegato perché, ad esempio, Luigi XIV, detto il re Sole, durante i suoi 72 anni di regno (dal 1643, quando aveva meno di cinque anni, fino alla morte nel 1715), fece soltanto due bagni. In compenso, ogni giorno lavava le mani con acqua profumata e puliva il viso tamponandolo con un asciugamano leggermente inumidito.

Anche le parrucche tanto in voga nell'epoca erano fonte di poca igiene, perché non vi era l'abitudine di lavarsi i capelli. Le capigliature risultavano, pertanto, infestate da parassiti, che provocavano fastidiosi pruriti e le malattie dermatologiche erano molto diffuse.

Dalla fine del '700, l'idea del bagno come pratica da svolgere settimanalmente guadagnò consensi tra le classi più agiate, mentre la pulizia delle classi inferiori rimase oggetto di scarsa attenzione tanto da risultare molto preoccupante all'inizio del secolo XIX, perché con l'industrializzazione sempre più persone iniziarono ad assembrarsi nelle città. La sporcizia delle strade era molto preoccupante e si pensava che l'origine delle malattie infettive avvenisse proprio partendo dalla strada attraverso la diffusione nell'aria di "miasmi", microparticelle velenose provenienti dai rifiuti e dal letame.

Con Pasteur, poi, che individuò nei microbi la causa principale di molte malattie infettive, si prese coscienza delle problematiche legate all'igiene e si decise di costruire impianti fognari e fonti idriche, iniziò anche la raccolta dei rifiuti organizzata e vennero inaugurati i primi bagni pubblici (il primo ad essere aperto in Italia fu aperto a Firenze nel 1869).

Anche le stanze da bagno, prima prerogativa dei ricchi furono man mano introdotte nelle case dei borghesi, diffondendosi così la cultura dell'igiene.