Nell'era del bio, del ritorno al naturale e della riscoperta dell'ecologia, anche i fotografi rispolverano la natura come sfondo e protagonista dei loro scatti. Cielo e terra, obiettivi da 35 mm e zaino in spalla: così i nuovi (e giovani) fotografi di paesaggio catturano i "documenti di viaggio" immortalati nelle loro fotografie.
Nella raccolta Naturally dello svedese Bertil Nilsson i movimenti congelati di ballerini dipinti di rosso e bianco si snodano tra gli alberi, sulla spiaggia, sulle rocce in cima ad una montagna, manifestazione di forza ma anche di armonia con l'ambiente che li circonda. Un "viaggio personale di esplorazione del paesaggio e del nostro ruolo all'interno di esso", secondo l'autore.
Un uomo piccolo spettatore, quasi insignificante di fronte all'enormità di ciò che lo circonda quello rappresentato invece negli scatti di Randy P. Martin nella serie We are Tiny (appunto). Omini persi di fronte all'immensità di cascate, montagne, strapiombi, dune del deserto e immense distese d'acqua. Una piccola altalena la cui silhouette si staglia in mezzo a un cielo acquoso. Insomma, la traduzione in chiave fotografica del famoso concetto del "puntino in mezzo all'universo".
La maggior parte delle volte, comunque, l'uomo nemmeno viene considerato: il paesaggio basta a se stesso. "Less is more", come negli scatti in bianco e nero di Zoltan Béfeky che ritraggono paesaggi freddi e minimali. Cime di montagne innevate, alberi e specchi d'acqua, barche a vela che navigano su mari immobili. Silenzio e riflessione. Lo scopo ultimo del fotografo non è particolarmente originale, ma è senza dubbio valido: "catturare la bellezza della natura intorno a noi".
L'americano Cody William Smith, originario del Nevada ma trasferitosi a Los Angeles inserisce invece nel paesaggio un elemento di "riflessione", in tutti i sensi: specchi tondi che fanno da punto focale alla scena e insieme da finestra per osservare lo stesso scorcio da varie angolazioni. Un "riflesso" fuori dal proprio elemento naturale.
Decisamente meno riposanti gli scatti dell'ormai famoso Mike Hollingshead, soprannominato il "fotografo di tempeste". A forza di vedere nubi minacciose addensarsi sul suo stato di nascita, il Nebraska, Hollingshead ha deciso di inseguire quelle nubi per professione, diventando un cacciatore di tempeste professionista, i cui scatti sono stati portati agli onori delle copertine da National Geographic.
Per inseguire gli eventi atmosferici è arrivato a percorrere oltre 32mila chilometri in un anno, collezionando foto di tornado, fulmini, cumuli di nuvole in tutte le salse, senza dimenticare gli arcobaleni. La natura in tutta la sua furia, anche se, come giura Hollingshead, trovarsi nell'occhio del ciclone "non è così spaventoso come sembra".
Scenari esotici, infine, nel progetto Botswana dell'americano Zack Seckler, che ha catturato da un aereo ultraleggero scatti della natura selvaggia dello stato africano. Il "safari fotografico" unito ad un particolare uso della luce ha prodotto delle fotografie chiare, quasi sognanti, con animali sperduti in paesaggi quasi lunari. Una "esperienza viscerale", per dirla con le parole dell'autore.
Costanza Ignazzi