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Un amico molto speciale

Una commedia moderna che gioca con la simbologia del Natale

Comincio con una parentesi: la definitiva, meritatissima consacrazione di Jacques Audiard (sceneggiatore e regista francese) arrivò con "Il profeta" (Un prophète, 2009), vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria del 62º Festival di Cannes e di nove Premi César, nonché candidato all'Oscar al miglior film straniero. A mio modesto avviso un film da vedere e capisco se non ne avete sentito parlare perché in quel periodo eravate distratti da altro (in fondo il 2009 era l'anno internazionale delle fibre naturali).

Ecco. A distanza di un lustro o poco più ritrovo il profeta (Tahar Rahim) che si inerpica sui tetti, impegnato in furti improbabili insieme a un bambino (Victor Cabal, straordinario) nella commedia favolistica "Un amico molto speciale" (Le père Noël) di Alexandre Coffre, nelle sale dal 4 dicembre.

"È una commedia che gioca con la simbologia del Natale". Spiega nelle note di produzione il regista. "C'è un lato irriverente che riesce a divertire senza però offuscare mai l'immagine del Natale e di Babbo Natale. Ma la modernità scaturisce soprattutto dal percorso che compiono i due protagonisti".

In effetti la pellicola commuove e diverte, è piena di simboliche carezze, scambi affettivi ma anche di situazioni che rasentano la surrealtà eppure non intaccano la delicatezza con cui pian piano si costruisce e matura la relazione tra i due: un bambino adulto e un adulto che ha preservato la sensibilità del suo bambino interiore.

Tahar dice di aver trovato rifugio dalla noia di Belfort (città natale) nel cinema, guardando fino a 5 film a settimana durante la sua gioventù, un'abitudine che ha dato vita e alimentato la sua passione per l'arte cinematografica. Bistrattata dal senso comune in chiave esclusivamente "dispregiativa", la noia può essere evidentemente anche uno stato d'animo "altamente produttivo", ne deduco.

Ho letto che Il regista ha fatto leggere la sceneggiatura allo psichiatra infantile Olivier Tarragano. Quindi per questa volta termino "tirando acqua al mio (e/o al suo) mulino": si percepisce che in questo film così "inconsueto" c'è lo zampino di un bravo cultore dei percorsi dell'animo umano.

Massimo Lanzaro