Cinema

“Truth” apre la Festa del Cinema di Roma 2015

Il regista, James Vanderbilt: “I giornalisti sono degli eroi”

Trovare persone disposte a rischiare in nome di una professione in cui credono, è cosa ormai rara. Penso al moderno concetto di “medicina difensiva” e di converso a mio padre, che ai suoi tempi non esitava a fare anche rischiose iniezioni di adrenalina intracardiaca quando si trattava di salvare vite umane. Pochi giovani medici si azzarderebbero oggi, almeno che io sappia.

E penso alla giornalista e produttrice televisiva Mary Mapes (interpretata in questa realistica ricostruzione filmica dei fatti da una a dir poco eccezionale Cate Blanchett) che per anni ha lavorato alla trasmissione della CBS “60 minutes”, al fianco di Dan Rather (Robert Redford).

Il film narra le vicende che hanno portato al controverso caso sui (presunti?) favoritismi ricevuti da George W. Bush per andare alla Guardia Nazionale dell’aeronautica anziché in Vietnam.

Inciso: a chi ha visto Fahrenheit 9/11 lo humor di Michael Moore aveva già instillato dei dubbi che l’ex Presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, avesse vinto le elezioni presidenziali contro Al Gore in maniera non proprio limpida. E sospettava che molte migliaia di elettori – in gran parte afro-americani – fossero stati privati, in Florida, del loro diritto di voto. E infine che addirittura forse Bush e la sua famiglia avesse rapporti di affari con la famiglia Bin Laden. E in quel film si parla anche appunto diffusamente del cosiddetto “Rathergate”.

Torniamo però a questa pellicola, che narra la storia vera di una donna che all’apice della sua carriera ha perso il lavoro più di dieci anni or sono soltanto perché andava alla ricerca della verità. Lo scoop eccellente, che avrebbe dovuto scuotere l’opinione pubblica e soprattutto i vertici governativi Usa esita nel licenziamento della Mapes, che da allora non ha più lavorato in televisione. Non so se c’è un nesso, ma qualcuno per caso si ricorda ancora di persone chiamate: Biagi, Santoro e Luttazzi (di cui pochi forse ricordano la battuta: “Mandiamoci Piersilvio la prossima volta”)?

E perché non ricordare le parole di Al Gore, che apre “An Inconvenient Truth”, il suo film documentario del 2006 (sui cambiamenti climatici) con le seguenti parole: “I am Al Gore; I used to be the next President of the United States”.

Il culmine di senso di “Truth”, a mio modesto avviso, è quasi tutto concentrato nel fantastico, liberatorio e autentico monologo finale della Blanchett. Non perdetelo. Registratelo magari quando sarà possibile, e riascoltatelo con i vostri figli e nipoti.

Meglio forse non dimenticarle queste cose e, per questo, un plauso a Vanderbilt. Per il resto: “coraggio!”

P.S. per chi volesse approfondire i dettagli della vicenda ecco il link ad un esaustivo articolo dell’autorevole “Guardian”:
Massimo Lanzaro