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Tim Burton: Big Eyes

Big Eyes è lo specchio dell’anima di un ritrovato Tim Burton e in riconciliazione definitiva con il suo pubblico

Sarà che tra i film più apprezzati da pubblico e critica e riusciti di Tim Burton ci sono Ed Wood e Big Fish, che in loro hanno pochi richiami gotici e il talento del regista è completamente al servizio della narrazione, in particolare nel primo, perfetto biopic da molti considerato il suo miglior lavoro, compreso dal sottoscritto.

Sarà che Burton è uno degli autori che ti fanno amare incondizionatamente il cinema, e che nonostante le ultime sviste – scluso il tenerissimo e riuscito Frankenweenie resta un regista capacissimo e che ha ancora tanto da regalare.

Sarà anche che il buon Tim ha un modo di raccontare le storie tra il cinico e il romantico, ma in sintesi iniziale, Big Eyes riesce ad emozionare e a rimanere nel cuore.

È una pellicola recitata perfettamente – anche se necessiterebbe di una seconda visione in lingua originale, dato il pessimo doppiaggio di un sempre perfetto Christoph Waltz -, e a dispetto di quanto letto qua e là in internet, Burton c’è.

Il suo tocco si nota nelle bellissime inquadrature dei paesaggi, che sembrano quadri da lui dipinti più che immagini catturate da una telecamera. Il suo animo, poi, si riversa in quegli stessi grandi occhi che la protagonista del film dipinge, bellissimi ma tristi, intrisi di malinconia dalle pennellate di Margaret Keane (Amy Adams) e sfruttati lucrosamente dal secondo marito, Walter Keane (Christoph Waltz).

Big Eyes racconta la ghettizzazione dell’arte nel momento della creatività e la mercificazione, poi, del prodotto ultimo, quando a vincere non è il significato ma il prezzo.

Burton esplora il mondo dell’arte con molta leggerezza, quasi suoi toni del melò, rimanendo saldamente ancorato alla vera storia della Keane, concedendo largo spazio al racconto pur sottraendo la sua visionarietà al quadro generale, che rimane più dei suoi altri lavori ben piantato nella realtà, concedendosi però qualche libertà poetica nel suo stile.

In questo aspetto ricorda molto Si Alza il Vento di Hayao Miyazaki, dove anche il maestro abbandona il fantastico per raccontare il reale con sprazzi onirici.

In questo film, Burton ci ha messo il cuore e la sua immensa passione per la Keane. È un film onesto, chiaro, diretto e modesto.

È Burton che si guarda dentro e indietro e fa un passo avanti.

Big Eyes è lo specchio dell’anima di un ritrovato Tim Burton e in riconciliazione definitiva con il suo pubblico.

Luca Ceccotti