Synecdoche, New York è un film del 2008 scritto e diretto da Charlie Kaufman, sceneggiatore dei film di Michel Gondry e Spike Jonze, al suo esordio nella regia.
Da allora è rimasto nel limbo della distribuzione italiana, e presentato solo adesso, piena estate 2014, per chissà quali arcani motivi.
Non farò dietrologia. Il film è stato presentato in concorso al 61º Festival di Cannes ed è stato distribuito in Italia a partire dal 19 giugno 2014 a cura di BiM Distribuzione. Il cast è composto, tra gli altri, da Philip Seymour Hoffman nel ruolo del regista, Catherine Keener nel ruolo della sua prima moglie, Michelle Williams nel ruolo della seconda moglie, Samantha Morton nel ruolo dell’amante. Si aggiungano nomi come Emily Watson, Hope Davis, Dianne Wiest.
Catherine Keener è particolarmente legata ai lavori di Kaufman e Jonze: recitò in Essere John Malkovich e fece un cameo riproponendo il suo ruolo di sé stessa mentre girava Essere John Malkovich nel film Il ladro di orchidee, entrambi diretti da Jonze e sceneggiati da Kaufman. Oltre a prendere parte a Synecdoche, New York di Kaufman, ha recitato in Nel paese delle creature selvagge, diretta da Jonze.
Il titolo è un gioco di parole fra Schenectady, New York, in cui è ambientata la vicenda, e la sineddoche. Il film affronta (anche brutalmente) temi come l’invecchiamento, la natura della famiglia, della casa e delle relazioni fra uomo e donna. Ma quando si comincia ad offuscare la natura del reale e della rappresentazione si scopre che tra le altre cose questo film è un’enorme gioco di parole e di citazioni. Anzi per alcuni è diventato un rompicapo, altri lo hanno accantonato nel raccoglitore “roba incomprensibile”. Un mio amico ha addirittura evitato di andarci giù pesante grazie al correttore automatico, che gli ha sostituito la frase con “questo film è una pettinata”.
Proviamo a dare una sbirciata al tipo di citazioni che sapientemente distribuisce a piene mani Charlie Kaufman. Siamo a Schenectady (la pronuncia è simile a quella di Synecdoche, da qui probabilmente il titolo), piccola, affluente e colta città dello stato di New York. Qui vive e lavora il regista teatrale di medio successo Caden Cotard. Ecco. Un medico forse sì, ma uno psichiatra non può non sapere che esiste una sindrome di Cotard (personalmente ho visto due pazienti con tale disturbo). Descritta per la prima volta da Cotard nel 1880 come varietà di “melanconia ansiosa grave”, tale sindrome è più frequente nelle donne anziane con compromissione cerebrale organica. Dopo una fase iniziale, in cui prevalgono ansia e depersonalizzazione, compaiono tematiche deliranti di negazione: il paziente afferma di non possedere più alcuni organi interni come il cuore o lo stomaco, oppure che il suo corpo è trasformato, pietrificato; può negare la sua stessa esistenza, quella dei propri familiari, degli oggetti esterni, del mondo intero, del tempo; si associano idee deliranti di enormità fisica (il corpo è immenso, non ha più limiti, si è allargato a tutto l’universo) di immortalità e di dannazione (la morte per lui non esiste, è condannato a vivere in eterno per poter soffrire ed espiare in parte le proprie colpe).
Non è rara la messa in atto di condotte autolesive e automutilanti, facilitate anche da una riduzione della sensibilità al dolore. Pur rappresentando una modalità evolutiva della depressione talvolta, risoltasi l’alterazione dell’umore, le tematiche di negazione si cristallizzano ed assumono un decorso autonomo cronico (delirio di negazione post-melanconico); in altri casi possono emergere deficit cognitivi e, con il progredire del deterioramento, le tematiche deliranti si frammentano, si impoveriscono e si estinguono.
La disponibilità di misure terapeutiche efficaci nella depressione ha ridotto notevolmente, negli ultimi anni, la frequenza di questa sindrome. Intanto per chi non lo sapesse la sineddoche è quella figura retorica che consiste nel conferire a una parola un significato più o meno esteso di quello che normalmente le è proprio, per esempio nominando la parte per indicare il tutto (tetto per casa) e viceversa (America per USA); oppure, scambiando il sing. con il pl. (il cane è un animale fedele) o la specie con il genere e viceversa (pane per cibo, mortali per uomini).
Dicevamo che il cognome del protagonista, Cotard, è anche il nome di una sindrome psichiatrica mentre sua moglie Adele affitta un appartamento da tale Capgras. Ora, nella sindrome di Capgras chi ne è colpito vive nella ferma convinzione che le persone a lui care siano state rimpiazzate da replicanti, alieni o semplicemente da impostori a loro identici. Per persone care si intendono familiari e amici, ma il disturbo può estendersi ad animali domestici o luoghi familiari. Tale manifestazione rientra nel campo delle MISs (acronimo inglese per indicare le misidentification syndromes). Questa convinzione patologica è costante e viene mantenuta nonostante venga data prova del contrario, e non si basa su informazioni false o incomplete dovute a un qualche errore di percezione. Spesso diagnosticata in associazione a disturbi psichiatrici quali schizofrenia e disturbi dell’umore, può a volte essere il risultato di danni cerebrali, demenza o altri disordini organici che rendono le spiegazioni psicodinamiche classiche difficili da sostenere. Il riferimento alla malattia è difficilmente non intenzionale data la presenza di numerosi accenni al mondo psichiatrico nella pellicola. Tra l’altro Adele di cognome fa Lack (lack come mancanza, vuoto) e, con una ulteriore letteralizzazione diventa presto appunto assenza, fuga.
Ma il nocciolo è che in questo film i riferimenti sono una miriade e sono tutti difficilmente non intenzionali, benedetto Charlie! Facciamo così. Prometto che lo rivedo in lingua originale per la terza volta, ci penso un po’ e poi se vi va ne riparliamo.
Massimo Lanzaro