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Omaggio a Jacques Tati, il restauro di quattro pellicole di nuovo al cinema

Quattro capolavori del grande regista e attore francese tornano al cinema in versione restaurata

Il meraviglioso mondo di Jacques Tati è tornato nelle sale. Grazie a un progetto della Ripley’s Film, in collaborazione con la Viggo, i quattro capolavori in versione restaurata curata da Les Films de Mon Oncle, che detiene i diritti delle opere di Jacques Tati, si possono vedere sul grande schermo nelle versioni riviste dal regista.

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Mon Oncle e PlayTime sono stati già visti nei cinema nella rassegna che durerà tutto giugno. Il prossimo in programma è Les vacances de Monsiuer Hulot, mentre il 27 sarà la volta di Jour de Fête. Una realtà resa possibile dall’avvento del digitale che, con costi minori, ha incoraggiato la ridistribuzione nelle sale dei film del passato.

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L’Omaggio a Tati vuole essere un tributo filologico per ricordare il grande valore artistico della cinematografia pura, realizzata da un artista visionario.

Utilizzando la tecnica della slapstick comedy (la comicità tradotta nel linguaggio del corpo) e la moderna tecnologia, il regista francese ha saputo cogliere lo spirito del suo tempo esprimendolo attraverso la visione di un’opera d’arte, quali sono i suoi film. Lo spaesamento dell’uomo davanti ai cambiamenti veloci dell’epoca e il suo agire come un automa nei confronti del progresso e del denaro.

Questa tematica è ben presente in Mon Oncle, primo lungometraggio a colori di Tati, uscito nel 1958, vincitore di un Oscar come miglior film straniero e del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes. Nel film, lo stralunato Monsiuer Hulot è lo zio di Gérard, figlio della sorella sposata con un ricco imprenditore della plastica, il signor Arpel. Il bambino si annoia molto con i suoi ricchi borghesi genitori, nella casa ultramoderna dove abitano. Per fortuna viene spesso affidato allo zio che è disoccupato e con lui si diverte davvero, perché può esprimere se stesso senza badare alle regole. Gli piace anche il vecchio quartiere dove Hulot vive, povero, ma pieno di allegria. Il nuovo che avanza freddo, asettico e ordinato, il vecchio che cerca di resistere e non riesce ad integrarsi. Il signor Arpel, che considera deleteria la presenza dello zio per il bambino, gli offre un impiego nella sua azienda, ma si accorge subito di aver fatto un errore.
Hulot non è adatto ad integrarsi nella catena produttiva della fabbrica e lo licenzia. Deciso comunque a liberarsene, gli trova lavoro in un’altra città, dove non potrà più nuocere a lui e alla sua famiglia.

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PlayTime, film del 1967, quando uscì fece dire a Truffaut che non assomigliava a nulla che già esistesse al cinema. Ambientato nei quartieri avveniristici di Parigi, Monsieur Hulot, con il suo fare allampanato, si perde tra gli edifici ultramoderni nella disperata ricerca di un impiegato. Palazzi in vetro e acciaio e gadget tecnologici lo rendono estraniato, tanto da fargli provocare la distruzione di un ristorante appena inaugurato.
Ispirato ai palazzi costruiti negli anni ’60, soprattutto al progetto della Défense nella zona ovest della città, PlayTime mette in evidenza un’architettura tutta uguale, uniforme in maniera esagerata. “A che serve viaggiare – si chiede Tati – se tutte le capitali del mondo ormai si assomigliano?”. E a proposito del film, ha dichiarato: “PlayTime sarà per sempre il mio film definitivo a causa delle dimensioni della scenografia, rispetto alle persone. Non ci sono star, nessuno è importante ma tutti lo sono.
E’ una democrazia di gag e comici, la personalità delle persone intorno a un’architettura che altre persone hanno disegnato per noi, per viverci dentro, senza chiedere se eravamo d’accordo o meno”. Il regista per realizzarlo è ricorso al 70 mm, utilizzando quasi esclusivamente dei totali e sei piste sonore stereofoniche. Il risultato è quello di uno spettacolo visivo de vedere necessariamente su grande schermo.

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Les vacances de Monsieur Hulot, girato nel ’51 e uscito nel’53, porta alla ribalta la figura di Hulot.
Partito per le vacanze al mare in Bretagna, con il suo fare maldestro, mette a soqquadro la pensione familiare piena di clienti che lo ospita.
Il film è colorato, vivace, pieno di suoni, canzoni e rumori di sottofondo, come la melodia proveniente dal grammofono, le voci poliglotte al ristorante, il cinguettio degli uccellini durante una partita a tennis.

Tati è al suo secondo lungometraggio e nonostante gli fosse stato suggerito di continuare ad utilizzare il personaggio del postino di Giorno di festa, che aveva ottenuto molto successo, egli pensò che Hulot potesse avere grandi potenzialità.

Visto in Francia da circa 7 milioni di spettatori, Giorno di festa (1949) resta il più grande successo commerciale di Tati.
Jean-Luc Godard lo definì il film che fece nascere il neorealismo francese. Protagonista, dicevamo, è il postino François che a Sainte Sévère, piccolo centro rurale dove vive, è molto apprezzato per la sua capacità di comunicare e di collegare le persone. Affascinato da un documentario che mostra come si svolge il servizio postale statunitense, decide di imitarlo per rendere il suo lavoro più efficiente. I risultati invece saranno catastrofici. Il film vinse il premio per la miglior sceneggiatura al Festival del Cinema di Venezia nel 1949 e il Grand Prix du Cinéma Français nel 1950 e consacrò Tatì come uno dei registi più geniali e innovativi del cinema francese.

Clara Martinelli