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Moonlight: i bambini neri, alla luce della luna, sembrano blu

Moonlight è un film estremamente silenzioso, in cui i dialoghi sono ridotti all’essenziale: densi, diretti, capaci di trasmettere il messaggio con brevissime frasi, semplici parole ispessite dalla forte espressività del volto degli attori…

#Lalalaltro è l’hashtag che perseguita, dalla notte degli Oscar, il favoritissimo La La Land, la cui vittoria come miglior film era data quasi per certa, peccato però che l’Academy ci ha riservato una sorpresa, e La La Land, proprio all’ultimo, dopo aver persino ricevuto il premio, è stato sorpassato da un altro: Moonlight.

Ma chi è questo altro?

Nelle sale italiane dal 16 febbraio 2017, scritto e diretto da Barry Jenkins (candidato all’Oscar per il premio “Miglior regista” e per quello “Miglior sceneggiatura non originale”, statuetta che Jenkins si è infine aggiudicato), Moonlight è basato sull’opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney ed è stato prodotto con un budget bassissimo: appena 1,2 milioni di dollari.

Il film è diviso in tre capitoli, preceduti ciascuno da un prologo, e le sezioni sono separate da un’inquadratura nera. Moonlight percorre la vita di Chiron: ragazzino nero, adolescente omosessuale e poi uomo padrone della propria vita, nato a Liberty City, Miami, e immerso in un ambiente disagiato, con la madre drogata, perseguitato da bulli.

Moonlight è un film estremamente silenzioso, in cui i dialoghi sono ridotti all’essenziale: densi, diretti, capaci di trasmettere il messaggio con brevissime frasi, semplici parole ispessite dalla forte espressività del volto degli attori, semplici anche quando esprimono sentimenti complessi, riconciliazioni che si portano dietro il peso di anni di rancore. Esse emergono in un oceano di silenzio, e proprio perché sono poche, acquistano preziosità e potere.

Il tema centrale, intorno a cui ruota il film, è la ricerca dell’identità, propria e altrui: “Chi sono io?”, ma anche “Chi sono gli altri che mi circondano?”. I titoli dei tre capitoli rimandano chiaramente a questo concetto: il primo è “Little, letteralmente “Piccoletto”, ed è il nome che altri hanno dato a Chiron e con cui lo riconoscono. Nel prologo di questo capitolo ci vengono presentati i due protagonisti: Chiron bambino (Alex Hibbert), definito nella scena d’apertura come un ragazzino perseguitato dai bulli, estremamente silenzioso e timido, e Juan (Mahershala Ali, vincitore del premio Oscar  “Miglior attore non protagonista”), spacciatore, che prende in simpatia Chiron e lo accoglie nella propria casa. Il primo capitolo esplora la fanciullezza del protagonista, ci mostra la sua complessa relazione con la madre drogata, e quella con Juan, che si presenta più come un mentore che come un padre per il ragazzino, portando luce nella sua vita (simbolicamente, in una scena del film, Juan fa entrare la luce aprendo una finestra della stanza buia dove Chiron si è nascosto). “Little” si chiude con la presa di coscienza dell’identità altrui: chi è sua madre? E chi è Juan? Nel secondo capitolo, “Chiron, troviamo un Chiron adolescente (Ashton Sanders) che subisce un’evoluzione, scoprendo la propria omosessualità e, per la prima volta, reagendo ai bulli della sua scuola: questo è il punto di svolta del personaggio, che ritroviamo infatti pochi secondi dopo finalmente adulto (interpretato da Trevante Rhodes), e che porta il nome scelto da lui stesso per sé, “Black”, anche titolo del terzo capitolo, in cui non solo la sua identità non è più data da altri, ma nemmeno è quella con cui è nato: è propriamente la sua, quella che lui stesso ha scelto, estremamente simile, esteticamente e sostanzialmente a quella di Juan. Se l’evoluzione di Chiron è una linea diagonale in salita, quella di sua madre, Paula (Naomie Harris) è un’onda: nel primo capitolo la sua dipendenza da droga è controllabile, ma nel secondo capitolo affonda, ed entra in un vortice da cui non sembra uscire, e solo nel terzo riaffiora.

Nel primo capitolo è introdotto, accanto al tema dell’identità, il tema dell’acqua, elemento che ritorna in modo ossessivo per tutto il film, e con cui Chiron avverte una connessione profonda. L’acqua è un elemento chiave: in riva al mare Chiron scopre la sua identità sessuale e in riva al mare Juan lo esorta a non farsi cucire addosso un’identità dagli altri, ma a trovarla lui stesso. Oltre al simbolismo dell’acqua (spesso Kevin, amico stretto, fin dall’infanzia, di Chiron ripete che l’amico è “come l’acqua”), ritornano insistentemente i colori associati all’elemento e, ad uno sguardo appena più concentrato, tutto è blu: lo zaino di Chiron nella prima inquadratura, che risalta proprio perché il resto del suo vestiario è di neutri bianchi e neri; l’automobile di Juan, sempre nella prima inquadratura, le pareti della scuola, della casa di Chiron, del divano, della vasca.

Il colore, in questo film, assume forti significati simbolici: chiunque si sarà chiesto “Perché nella locandina ci sono tre spicchi di volti diversi di tre colori diversi?” I tre diversi volti  sono quelli di Chiron bambino, adolescente e adulto. E i colori? Lo spicchio azzurro rimanda all’amore per l’acqua da parte di Chiron che nasce nel primo capitolo, e sempre lì viene spiegato il titolo del film: alla luce della luna, i ragazzi neri sembrano blu; lo spicchio rosso, del secondo capitolo,  rinvia all’amore, alla sessualità, al fuoco, che dominano la sezione centrale del film; e infine lo spicchio nero, il cui colore simboleggia l’assunzione definitiva della propria identità da parte del protagonista, che assume infatti  il nome di“Black”. Ma siamo sicuri sia definitiva? Nell’incessante ricerca della propria mutevole identità, un nome non è che un’etichetta di una fase della vita.

Eleonora Artese