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Messico–Usa, viaggio a bordo della Bestia

Con questo appellativo i migranti chiamano il treno merci che dal sud del Messico porta nel Paese a stelle e strisce, durante il tragitto sopravvivere non è facile…

Fa caldo ad Arriaga (Messico), la temperatura tocca i 40/45 gradi, il tempo sembra non passare mai. A pochi passi c’è la Casa del Migrante che offre sempre un pasto caldo, ma non c’è tempo per assecondare i morsi della fame. Una piccola distrazione potrebbe essere fatale.

Bisogna aspettare. Arriva la notte, si dorme all’aria aperta, appoggiati su cataste di legno o addirittura sull’erba.

Per tutti i migranti che, accovacciati vicino alle rotaie, attendono l’arrivo del treno per gli Usa, mantenere la propria postazione è d’obbligo. Ma il treno che aspettano non è uno qualsiasi, è la Bestia.

Con questo appellativo i migranti chiamano il treno merci che dal sud del Messico porta nel Paese a stelle e strisce. Nel corso dei suoi 2300 chilometri di percorso, la Bestia si fa sempre più affollata, al suo passaggio tutti coloro che da giorni si erano appostati vicino ai binari per salirvi, si slanciano, aggrappandosi dovunque pur di salire a bordo.

Alcuni cadono tentando di salire sui tetti dei binari e, quando non muoiono per la caduta, vengono travolti dal treno stesso.

C’è chi ha perso un braccio, chi una gamba tentando di salire sul “Treno della morte”. Se riuscire a salire senza rimanere schiacciati sotto le rotaie, dopo aver atteso per ore se non per giorni il passaggio del mezzo, sembra essere un’epopea, chi ci riesce non ha di certo tempo per cantare vittoria. Il vero dramma comincia adesso.

Si deve restare sempre vigili e cercare di non dormire durante il tragitto, altrimenti si rischia di cadere. E non è tutto: bisogna guardarsi anche dalle bande di delinquenti per cui la Bestia diventa un bottino molto appetibile. Durante il suo percorso, infatti, il mezzo è spesso attaccato da tali bande che, talvolta si limitano a rapinare i migranti dei loro miseri averi, altre volte invece li rapiscono offrendoli come carne da macello alle organizzazioni malavitose della zona.

La maggior parte delle donne rapite viene violentata. “Per tutto il tempo loro ci hanno picchiato, ci coprivano gli occhi e le bocche. Hanno ucciso la mia amica perché non aveva parenti che la potessero aiutare, e lei non sapeva dare loro alcun numero di telefono. Allora le hanno sparato due colpi alla testa e l’hanno lasciata sanguinare di fronte a me per tre ore per intimorirmi… Il posto dove mi hanno rinchiusa era un’ampia, scura e sporca casa che puzzava. Per due giorni ho dormito a terra senza coperte. Mi davano solo da mangiare una volta al giorno e un po’ d’acqua. Gli uomini che mi hanno rapita mi hanno denudata e violentata. In questo posto ho sentito per tutto il tempo lamenti e grida di altre persone” racconta una donna salvadoregna intervistata dai ricercatori di Amnesty International.

Accade che i migranti vengano rapiti dalle bande al fine di chiederne un riscatto per la liberazione. L’ammontare del riscatto si aggira, generalmente, tra i 1500 e i 5000 dollari, dopo il rapimento si telefona alle famiglie delle vittime. Se entro pochi giorni dalla telefonata non arrivano i soldi, gli ostaggi vengono uccisi senza pietà e gettati nelle fosse comuni.

“I migranti sono un volume di affari da 50 milioni di dollari l’anno” calcola Leticia Gutiérrez, una delle responsabili della Commissione dei diritti umani nel Messico. Gli ufficiali dell’Istituto Nazionale Migranti poi, sono un altro pericolo per i viaggiatori della Bestia.

Spesso, infatti gli agenti fanno eccesivo uso della violenza durante le operazioni di controllo, servendosi anche, come nel caso dell’aprile 2009, di bastoni elettrici. Non è affatto raro che i migranti vengano derubati, ricattati e subiscano abusi dagli agenti di polizia, che anche quando vengono denunciati restano impuniti.

Si deve poi aprire una pagina a parte sulle tragiche vicende dei bambini che intraprendono da soli il viaggio a bordo della Bestia, spesso per raggiungere i propri genitori che vivono già negli Usa. Furti, incidenti, abusi sessuali sono solo alcuni dei pericoli che i più piccoli corrono durante il tragitto.

Tutt’altro che raramente i bambini abusati vengono poi abbandonati al loro destino, quando non destinati al traffico degli organi. Tali crimini che revocano in automatico il diritto di chiamarsi uomo a chi ne è artefice, sono compiuti dalle bande criminali dei cosiddetti “Coyotes”. Altri bambini poi, vengono catturati dalle pattuglie di frontiera e portati nei centri di accoglienza dove, secondo la denuncia di associazioni pro migranti come Campaña Fronteriza e Hermandad Mexicana, non ci sono né letti, né brande e i piccoli stanno stipati aspettando che le autorità aprano il processo per rimandarli ai loro Paesi. Una volte rilasciati, la maggior parte di questi bambini viene assorbito dal baratro dell’illegalità.

Giulia Argenti