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La Luna su Torino

Nelle sale dal 27 Marzo una bellissima commedia poetica di Davide Ferrario

“Una Torino declinata in modo particolare, quella del 45° parallelo: è a metà strada tra Polo Nord e Polo Sud, un posto magico. Torino, come la mia città natale Casal Maggiore è attraversata dal 45° parallelo, è a metà del mondo”. Il regista Davide Ferrario ha presentato così “La luna su Torino”, film fuori concorso all’ottavo Festival di Roma. La storia si impernia su idee che Ferrario segue fin dagli esordi: quella della vita sul quarantacinquesimo parallelo che diventa metafora del vivere in equilibrio e quella della necessità di trovare da qualche parte una direzione, “una mappa che indichi come muoversi nelle relazioni umane”.

La trama: Ugo, qarantenne, non ha mai combinato niente di serio, potendo contare sull’eredità ricevuta da adolescente. Ma i soldi stanno finendo e lui ha cominciato a subaffittare la villa in collina dove vive. I suoi inquilini sono Maria, 26 anni, impiegata, e Dario, ventenne, studente che sbarca il lunario lavorando in un singolare bioparco. Ugo è innamorato di Maria, lei, invece, è attratta da uno dei suoi clienti, Guido, sul quale però ha messo gli occhi anche la sua collega Eugenia. La situazione precipita quando l’ipoteca che pende sulla casa sta per scadere e i tre rischiano di ritrovarsi per strada.

Tante “piccole” cose mi sono piaciute, al di là del solito garbo colto e raffinato che impregna e impreziosisce i film di Ferrario.

E’ una pellicola che trascina l’animo in una dimensione “blurred”, lo sguardo è velato della vaghezza dei fatti immaginativi mentre le identità dei personaggi si iscrivono in uno spazio si indefinito, ma senza ombra di moralismo.

Alcune trovate (le vicende della tartaruga, la metafora del guardalinee, i riferimenti alle Operette morali di Leopardi e a Pasolini) sono volumi di ossigeno puro per l’enfisematoso cinema italiano di questi tempi. Come anche il tema portante della precarietà, non filtrato in senso sociologico ma poetico-metafisico.

Ritorna dunque il 45° parallelo, già raccontato da Ferrario nel documentario “Sul quarantacinquesimo parallelo” del 1998. “Partendo da Torino e andando a est arrivi in Mongolia: non so quale – dice Ferrario- ma c’è un significato”.

In conferenza stampa forse non a caso si fece anche cenno agli atti psicomagici di Jodorowsky, surrealista, grande ammiratore di André Breton che teorizzò ed elaborò una forma d’arte che abbia come fine la guarigione, la “Psicomagia”. Per mezzo di quello che egli chiama “atto effimero”, propone all’interlocutore un gesto da realizzare, in apparenza privo di logica, ma in realtà carico di un dirompente impatto emotivo che lo porterà a vedere e percepire la propria realtà da un punto altro, diverso e nuovo.

Invece di spiegare il nesso col film, mi limito a dire che in esso ne vedrete alcuni, di atti esteriormente astrusi per usi apparentemente astratti.

Massimo Lanzaro