Storia

La corporatocrazia che tradisce lo spirito americano delle origini

Un sicario, pentito, riscopre Thomas Paine

Cos’è un sicario dell’economia? Uno che lavora per compagnie, perlopiù statunitensi, con il compito di convincere il governo del Paese in via di sviluppo di turno ad accettare prestiti della Banca mondiale, del Fondo Monetario internazionale e dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale sulla base di vertiginose e taroccate previsioni di crescita da lui stesso stilate.

La concessione di questi prestiti, scrive John Perkins nelle sue Confessioni di un sicario dell’economia (Minimum fax, ed. digitale 2012), è condizionata all’acquisto di beni e servizi offerti dalle medesime compagnie, prestiti che i Paesi del Terzo Mondo non saranno mai in grado di ripagare in virtù di tassi di crescita economica ben più modesti di quelli fantasticati fraudolentemente dai sicari, perdendo così la loro autonomia e diventando una colonia dell’Impero.

Perkins, come recita il sottotitolo del lavoro, La costruzione dell’impero americano nel racconto di un insider, sicario lo è stato ma ora, nei panni del pentito, immagina un’economia non dominata dalle corporation e dalle banche e dai governi (grumo di potere definito dall’A. corporatocrazia) che gli interessi di quelle finanziano e tutelano.

L’economia vagheggiata da Perkins è un ritorno all’antico, allo spirito imprenditoriale americano delle origini ripudiante «il sistema coloniale mercantile» britannico. «Conoscevo abbastanza la storia – osserva Perkins (che non ricorda però come nelle colonie del Sud quello spirito si alimentasse del regime schiavistico) – per capire che i fornitori a lungo sfruttati alla fine si ribellano. Mi bastavano, come modello, la guerra d’Indipendenza americana e Thomas Paine. Mi ricordavo che i britannici giustificavano l’imposizione di tasse affermando che l’Inghilterra forniva aiuti alle colonie sotto forma di protezione militare contro i francesi e gli indiani. I coloni erano di diverso avviso. Ciò che Paine offriva ai suoi connazionali nel brillante pamphlet Common sense era […] un’idea, una fede nella giustizia di una potenza superiore, e una religione della libertà e dell’uguaglianza diametralmente opposta alla monarchia britannica e ai suoi sistemi classisti ed elitari».