Cinema VIDEO

Intervista a Rosa Maietta

Incontriamo Rosa Maietta, alla sua terza regia: il corto intitolato “V”

Incontriamo Rosa Maietta, classe 1990, alla sua terza regia: il corto intitolato “V”. La sua opera prima: “Senectus Ipsa Morbus” (di cui abbiamo trattato qui), anno 2013, riceve una menzione speciale da parte della giuria tecnica del II Videomaker Film Festival di Casalnuovo di Napoli e giunge finalista al concorso Schermo Napoli 2013, nell’ambito del Napoli Film Festival, e al Festival “I 400 Corti” di Palestrina (RM). Il corto fu selezionato per essere proiettato nell’ambito della edizione 2013/2014 della rassegna americana 41° Parallelo, presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University. E’ poi finalista al Festival del Cinema Veramente Indipendente, al Festival CinemaZero di Trento e al Premio CortoDino. “V.” arriva dopo Pater Faber, lavoro realizzato completamente tra le mura domestiche.

– Ma chi è Rosa e come nasce la passione per il cinema?

Negli ultimi due anni spesso mi è capitato di pensare a com’è nata questa passione per il Cinema e ho cercato di ricordare un momento in particolare che avesse fatto scattare qualcosa, ma onestamente non ne ricordo nessuno. Da piccola pensavo di fare tutt’altro, il medico, la pizzaiola, la rockstar, e più avanti volevo diventare ufologa, poi è scattato qualcosa. Ricordo però molto bene che, quando ero ancora una bambina, cercavo in tv i backstage dei film, perché il processo creativo e tutto ciò che non era davanti la cinepresa mi affascinava spesso più degli stessi film. Inoltre trascorrevo tante ore con mio padre a guardare i film western, le commedie italiane, Stanlio e Olio, Chaplin, e ho visto film della Disney, come per esempio Gli Aristogatti, per la prima volta solo qualche settimana fa, a 24 anni. Dunque credo di aver avuto un’illuminazione, il Cinema mi ha chiesto di seguirlo e io ho accettato.

– Come nasce l’idea dei due corti?

Il primo corto, Senectus Ipsa Morbus, è nato da un’esperienza personale, da un periodo in cui ero molto vicina alla persona che poi ho ritratto, malata di Alzheimer, periodo in cui ho riflettuto molto sulla vecchiaia, su quella condizione così angosciante per noi spettatori impotenti, sulla vita che può finire ancor prima di morire. Quest’ultimo, V., nasce sostanzialmente da un’immagine che ho avuto in mente per molto tempo, un’unica immagine, una donna allo specchio, immobile, lì ferma a specchiarsi, come se stesse cercando qualcosa nel suo stesso riflesso che la poneva davanti a un’altra sé, come se volesse cercare un dettaglio fino ad allora sconosciuto, o cercare un’occasione per ri-conoscersi o, magari, disconoscersi.

– Ti sei ispirata a qualche film (o ad altro) in particolare per la loro realizzazione?

Finora direi di no, almeno non consapevolmente o volontariamente, ho solo cercato di portare davanti alla macchina da presa quello che vedevo nella mia mente.

– La cosa più facile e quella più difficile durante le riprese?

La cosa più facile: l’empatia creata con il gruppo con cui ho lavorato, che è stata fondamentale per riuscire a girare in condizioni e tempi limitati.

– Difficile?

Letteralmente: raccogliere tutti i vermi dopo aver girato “V.”!

– Se dovessi riassumere la tua poetica?

Forse è troppo presto per questi paroloni! Finora ho fatto solo quello che sentivo di voler fare e quello che sentivo di dover fare, mai per gli altri, sempre per me stessa.

– Tre domande da appassionato: il tuo regista preferito; il film della vita; il tuo genere preferito. Credo che tu sia consapevole che questa è una bruttissima domanda, vero?

Non posso dirti chi è il mio regista preferito, né il film della vita, né qual è il mio genere preferito. Invece di stilare banalmente una lista degli autori che mi hanno insegnato e mi stanno ancora insegnando tanto, ti nomino il “maestro del momento”, quello a cui sono più affezionata ultimamente, sto parlando di Julio Bressane, che ho avuto l’onore di conoscere anche personalmente qualche mese fa e che mi ha mostrato dimensioni cinematografiche prima completamente impensabili. I suoi rientrano sicuramente ne “i film della vita”, ma non sono un caso isolato.

Quanto a me, sicuramente il film della vita è uno che ancora non ho visto, se ti dicessi quanti e quali film non ho ancora visto, potresti non credermi.

– Progetti per il futuro?

Ci sono diverse idee, alcune facilmente realizzabili, magari prossimamente, e poi ci sono delle idee per dei progetti un po’ più grandi, che sto accumulando per poter pensare addirittura a un lungometraggio, anche in tempi e condizioni non semplici come quelli odierni.

Massimo Lanzaro

IL VIDEO di “Pater Faber”

[vimeo id=”96691888″]

IL VIDEO di “V”

[vimeo id=”115797503″]