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Gone Girl – L’Amore Bugiardo

Un thriller con una suspense quasi degna del grande Hitchcock

Sono convinta del fatto che alcuni titoli italiani di film americani allontanano l’attenzione del pubblico. Mi è successo tanti anni fa di non vedere Se mi lasci ti cancello, perché ero ormai satura delle varie commediole stile Se scappi ti sposo che il titolo troppo simile mi scoraggiò e lo accantonai a prescindere per anni, fino a quando non mi rivelarono il suo titolo originale, ovvero Eternal sunshine of the spotless mind. Ad oggi se inserite questa frase su google translate ve lo traduce in Se mi lasci ti cancello… giuro! Inspiegabile. La traduzione letterale dovrebbe essere: l’infinita letizia della mente candida, sicuramente molto più interessante del suo titolo italiano.

Stessa cosa stava per accadermi con il film L’amore bugiardo - Gone Girl, titolo americano Gone Girl, ma affiancato al fuorviante L’amore bugiardo, titolo del romanzo di Gillian Flynn da cui è tratto. Ho avuto il piacere di vederlo in anteprima; è uscito ufficialmente nelle sale italiane il 18 dicembre. Debbo dire che sono stata incollata davanti allo schermo per quasi due ore e mezza con il fiato sospeso. Un thriller con una suspense quasi degna del grande Hitchcock. Gli elementi del Maestro ci sono tutti, compresa l’immancabile attrice bionda. Il merito va a David Fincher, il regista di Seven, Fight Club, Panic Room solo per citare alcuni dei suoi lavori più apprezzati. Il tutto condito da un bravo (e appesantito) Ben Affleck.

“Quando penso a mia moglie penso sempre alla sua testa. Immagino di aprirle quel cranio perfetto e srotolarle il cervello in cerca di risposte alle domande principali di ogni matrimonio: a cosa pensi? Come ti senti? Che cosa ci siamo fatti...?!”.

La voce di Nick Dunne pronuncia queste parole mentre la sua mano accarezza la testa (bionda) di sua moglie Amy. Seguono una serie di piccole riprese esterne che mi hanno un po’ ricordato i quadri di Edward Hopper; terminano su lui fermo davanti ai secchi della spazzatura con un’espressione esausta. Torna indietro verso casa, non entra ma sale in macchina. Quando scende ha un gioco da tavolo sotto il braccio ed entra in un bar dal nome autoreferenziale: The Bar. Parla con una donna al banco che da lì a poco si scoprirà essere sua sorella gemella. E’ il suo quinto anniversario di matrimonio e non sembra affatto un giorno felice. Una telefonata al bar interrompe la conversazione; è il vicino di casa che ha visto il loro gatto per strada. Fa ritorno, raccoglie il gatto, ringrazia da lontano il vicino e si accorge che la porta di casa è aperta. Evidenti segni di colluttazione sono presenti in soggiorno. Decide di non toccare nulla e di chiamare la polizia. Sua moglie non è in casa: è scomparsa.

Nick appare sempre molto distaccato. Il fatto che non mostri empatia per la tragedia che lo sta circondando desta sospetti. In ultimo sembra non sappia nulla di quello che fa la moglie, di come passa le giornate. La polizia inizia ad indagare e ad avere sospetti su di lui.

Non vado oltre, non voglio assolutamente svelarvi nulla di quello che accadrà successivamente perché voglio che assaporiate come ho fatto io ogni singolo sospetto, ogni sguardo, ogni possibile ipotesi, anche se così facendo mi nego la possibilità di fare altre centinaia di considerazioni.

Il film, tra le altre cose, pone l’attenzione su quanto peso hanno i media al giorno d’oggi sui delitti e sulla scomparsa di gente comune, su quanto venga calpestata la privacy delle famiglie coinvolte e quanto venga pilotata l’opinione pubblica pro o contro un sospettato. Mi è piaciuto molto lo stile narrativo; d’altra parte la scrittrice Gillian Flynn è anche la sceneggiatrice del film.

Se state cercando un film che non sia un noiosissimo e scontato cinepanettone, ma uno imprevedibile e denso di colpi di scena, lo avete trovato. Forse un po’ lungo, ma estremamente godibile. Credo che questo film sia destinato a ricevere un mucchio di premi. Vi auguro una buona visione.

Giusy Chiumenti