La città di Susa, da cui prende il nome l’omonima valle, è nota a molti, anche oltre il confine, per le bellezze storiche che ospita – l’Arco di Augusto e l’Anfiteatro Romano, solo per citarne alcuni -, nonché per la sua posizione geografica, che le è valsa l’appellativo di “Porta d’Italia”.
Pochi, però, sanno che la piccola cittadina piemontese è una meta di viaggio ambita anche per via di una specialità dolciaria che da ben 146 anni delizia i palati dei valsusini e dei turisti: si tratta della Focaccia di Susa, una focaccia unica in quanto dolce, che da qualche anno figura fra i prodotti agroalimentari tipici della regione.
Un prodotto unico e delizioso, la cui ricetta originale è gelosamente custodita dalla famiglia Favro, che tutt’oggi ne porta avanti la tradizione iniziata nel lontano 1870 da Domenico.
“Buona volontà e dedizione” sono, a detta dei Favro, i segreti del successo della Focaccia, originariamente concepita come dolce celebrativo dell’Epifania (in occasione della quale all’impasto viene aggiunta una fava che costringe chi la rinviene a pagare da bere agli altri) ma successivamente prodotta, a causa dell’inaspettato successo riscontrato, tutto l’anno. In suo onore è stata istituita addirittura una sagra, Focacciando, che ogni anno richiama a Susa migliaia di golosi.
Se la maestria dei panettieri è uno degli ingredienti chiave del successo del dolce, l’altro è certamente la qualità delle materie prime, tutte rigorosamente locali: farina, burro, uova, zucchero, lievito e sale.
Il processo di lavorazione della Focaccia è piuttosto semplice, e ci si può cimentare anche a casa: i vari ingredienti vanno mescolati e amalgamati sino a ottenere un impasto che bisogna lasciare lievitare per 3-4 ore, trascorse le quali occorre dividerlo in sfere; i bordi di queste ultime vanno poi rialzati e la loro superficie, sulla quale devono essere praticati dei fori, deve essere cosparsa integralmente di zucchero. A cottura ultimata (dopo 20 o 30 minuti) si otterrà una grossa focaccia rotonda ricoperta di zucchero caramellato, da consumare semplice o accompagnata da creme o gelato.
Per abbellirla si può seguire l’esempio dei panettieri valsusini che ne decorano la superficie con motivi di fantasia, che differiscono a seconda delle occasioni (la stella e il ferro di cavallo sono tra i più gettonati).
Trattandosi di una focaccia è bene consumarla fresca ma, poiché si conserva per un paio di settimane, seppure indurita, la si può mangiare al mattino al posto dei biscotti, inzuppandola nel latte.
Se il risultato non è quello atteso, non rimane altro da fare che recarsi a Susa ad assaggiare l’originale, da Favro o in un altro panificio, o durante la sagra: quale migliore occasione per scoprire i tesori di quella che i romani chiamavano Segusium, città sì romana ma anche medievale e celtica, soddisfacendo contemporaneamente l’appetito e la sete di cultura?
Dalila Giglio