Le due mostre evento del 2014 a Torino sono state Renoir alla GAM e i preraffaelliti a Palazzo Chiablese: nel primo caso 250 mila visitatori si sono assiepati nelle sale per vedere il mondo sensuale e colorato del maestro dell’Impressionismo tra donne e paesaggi, e nel secondo caso 100mila persone hanno fatto code sfidando pioggia e intemperie per un tuffo in un mondo tra fiaba dark e romanticismo sfrenato.
Torino ha poi continuato la sua proposta di mostre e eventi culturali, e la GAM ha ospitato una personale dell’artista pop Roy Lichtenstein, con approfondimenti sul suo rapporto con i fumetti e la pubblicità, mentre Palazzo Chiablese ospita fino al 15 febbraio Avanguardia russa, una serie di opere raccolte dal collezionista greco Costakis.
I risultati sono stati in tutti e due i casi diversi, Avanguardia russa ha potuto vivere di rendita con il successo del Polo Reale, con oltre trentamila visitatori e i risultati non sono ancora definitivi, mentre Lichtenstein si è attestato sulle 12mila presenze alla sua chiusura il 25 gennaio scorso.
Per questo motivo in certi ambienti culturali torinesi c’è un po’ di maretta, si sperava in meglio e in numeri più alti, forse perché in periodi di crisi si ha sempre paura di ulteriori tagli o forse perché ormai al giorno d’oggi contano solo gli alti numeri e la ultra produttività di cose e persone.
Però si tratta di polemiche sterili: l’arte piace sempre e comunque a un pubblico vasto e eterogeneo, ma ci sono alcuni artisti ed alcune epoche che sono iconiche e mitiche. Gli Impressionisti lo sono da decenni, Renoir in particolare, i Preraffaelliti lo sono diventati in Italia soprattutto negli ultimi vent’anni (in Gran Bretagna sono un mito dall’Ottocento), grazie ai riferimenti alla loro opera contenuti in cinema, moda, fumetto. Nessuno vuole sminuire l’Avanguardia russa e Lichtenstein, tutt’altro, ma per la loro natura si rivolgono a un pubblico più selezionato e ristretto, di grandissimi appassionati, perché l’arte suscita passione, ma non così vasto da fare le code chilometriche fuori per entrare.
Ci sono nomi e quadri che sono entrati nell’immaginario collettivo, tra sfondi del desktop, borse, poster, magliette, e ci sono artisti e opere, interessantissimi, ma che restano fuori da questi meccanismi non perché valgano meno ma perché si rivolgono ad un pubblico diverso e non per questo disprezzabile.
La cultura è e deve essere fatta di grandi eventi, di code pazienti di appassionati che chiacchierano e condividono il loro interesse, di icone e gadget da portarsi a casa, ma deve esserci spazio anche per i fenomeni di nicchia, per gli artisti di cui si fa magari fatica a pronunciare il nome ma che sanno trasmettere emozioni, per quadri che testimoniano epoche e sperimentazioni che non ricordano in tanti ma che sono importanti.
È senz’altro ottimo che i musei torinesi e non puntino su grossi eventi e nomi, ma è anche fondamentale dare spazio alle cose meno note, che possono comunque suscitare interesse e curiosità. La cultura non può essere legata solo a logiche di numeri e di ingressi, ma deve essere anche qualcos’altro, e in ogni caso le mostre dell’Avanguardia russa e di Lichtenstein sono state apprezzate dai visitatori, che hanno potuto scoprire o riscoprire due momenti importanti dell’arte del Novecento.
In questo 2015 iniziato da poco sono previste a Torino e dintorni alcune mostre su artisti comunque abbastanza iconici e mitici, visto che tra Palazzo Chiablese e la GAM ci saranno tre miti artistici diversi ma fondamentali come Tamara de Lempicka, Modigliani e Monet, senza contare Raffaello alla Reggia di Venaria. Tutto ottimo, ma accanto a questi numi tutelari della passione per l’arte di tanti, che trovino spazio proposte più elitarie ma non per questo meno pregnanti, e il tutto non facendo polemica sugli incassi ma ricordando che sono varietà e diversità a fare cultura.
Elena Romanello