Se di solito ci si rende conto, sia pure approssimativamente, dell’andatura della gente, certamente non si sa nulla del suo comportamento nel frammento di secondo in cui accelera il passo. Se siamo più o meno abituati al gesto di afferrare l’accendisigari o il cucchiaio, non sappiamo pressoché nulla di ciò che effettivamente avviene tra la mano e il metallo, per non dire poi del modo in cui ciò varia in relazione agli stati d’animo in cui noi ci troviamo.
Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, 1979
“I understand” ripete il protagonista di Oltre il giardino, pellicola del 1979 che ha ispirato il nome del gruppo di ricerca Chance Ludé. In un’interpretazione imperscrutabile, Peter Sellers-Chance entra a contatto con una realtà-altra rispetto a quella finora esplorata e conosciuta. Come nella forzatura del parto cesareo, C. viene strappato dal grembo che protegge e isola la sua esperienza cognitiva.
“I understand”
Prima della cacciata dall’Eden urbano, il sapere è determinato solo dall’accesso a una profusa sperimentazione mediatica: le giornate di C. si susseguono nel guardare (e curare) fiori e televisione. A differenza di A clockwork orange (1971), la visione non è indotta a scopo punitivo-educativo, bensì come possibilità di apprendere per andare oltre il giardino.
“I like to watch”
Le locuzioni sul giardinaggio costituiscono la dialettica del personaggio apprezzata anche dal Presidente del Paese che lo cita in un discorso ufficiale. Le parole di C. rimbalzano in un gioco grandangolare e si espandono dal tubo catodico all’etere. La società, che lo incorona a messia, ignora che Chance abbia bisogno della scatola luminosa perfino per comprendere la sottile arte della stretta di mano e del bacio.
“Cosa significa che ti piace guardare?” chiede la donna che lo ospita e che si innamora di lui.
“I like to watch”
È guardando che impara le basi della socializzazione. È guardando che, come il bambino di Lacan, vive la (tardiva) fase della formazione dell’Io, specchio di un costrutto artificioso: la superficie riflette Chance the gardener o l’esemplificazione delle mancanze di ognuno?
Come sostiene Donald Winnicott (1967), nella fase dello specchio il bambino viene accompagnato da un’altra persona, ovvero ha bisogno di scoprire la novità per gioirne. Il termine latino specŭlum viene da specĕre che significa «guardare» e diventa il ponte che collega Chance alla realtà.
“I like to watch”
Guardare è vivere per Chance e l’equivoco della sua figura divenuta idolo, rimanda a una critica brutale verso la società che guarda e non vede la sua natura di creatura diversa: in grado di camminare sulle acque e, per questo, di scardinare i dettami dell’ordine che governa il mondo. Il personaggio creato da Jerzy Kosinski non affoga e non galleggia perché mosso dalla volontà di specĕre. Allo stesso modo Another-Made utilizza espedienti artistici per liberare lo spettatore dal ruolo narcisistico di chi cerca solo la propria immagine quando incontra una superficie riflettente e, attraverso una dimensione ludica, lo invita a prestare uno sguardo nuovo.
La parete esiste come principio e come fine di questa mia storia. Sulle pareti si appendono sempre i quadri, ma è sulle stesse pareti che si mettono anche gli specchi. [...] il riflesso dello specchio incomincerà a rimandare le stesse incognite, le stesse domande, gli stessi problemi che ci pone la realtà.
Michelangelo Pistoletto, 1964
Chi osserva il percorso ideato dal gruppo site-specific, è stimolato a percorrere l’asse dell’Aion che contiene nel presente, il passato e, incontrando alcuni artisti del XX secolo, acquisisce anche la serena indeterminazione del futuro.
È dissacrando i canoni della noia, del convenzionale, che si ha accesso al sapere dell’ignoto. Presente e passato si uniscono concretando una nuova versione del conoscibile, come nel processo creativo adoperato da Marchel Duchamp. Il ready-made sovverte la ricezione passiva dell’opera d’arte: tutto ciò che è, è altro e infinito, così come appare nell’attuale riproduzione dello spazio dell’Aion | Noia.
Another-made, ovvero un’altra chance per chi si arrende al guardare.
Alessandra Cristofari