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Zerocalcare, l’intervista: Kobane Calling e il coraggio di non restare indifferenti

È un fenomeno dell'editoria ma quello che ci piace di più è che forse ancora non lo ha capito. È questo il suo segreto, non curarsi del successo e rimanere curioso di quello che ha intorno. Un fiore azzurro che lo ha spinto verso scelte coraggiose, come andare a vedere che cosa sta succedendo in Siria. Se Kobane Calling, Zerocalcare risponde. Così come Superman, da eroe e da ragazzo qualunque, che non resta indifferente.

- Da "ogni maledetto lunedì" sul blog a "Kobane calling": alla fine sei riuscito a gestire l’ansia dei lunedì o anche solo a tenere a bada quella dei disegnetti nelle presentazioni? (se sì: per favore, ci dai qualche consiglio contro l’ansia dell’accollo?)

No, non sono riuscito a gestire niente. L’assenza forzata dal blog in questi mesi di presentazioni continue mi angoscia tantissimo, ho il terrore che se non rispetto gli impegni del blog mi condanno ad essere per sempre “il disegnatore che attacca i pipponi sui curdi”, perché nessuno si ricorderà che faccio pure altro. Nei disegnetti alle presentazioni è pure peggio, i numeri sono aumentati esponenzialmente e io non ho ancora trovato il modo di rendere quelle attese sopportabili per chi deve fare la fila e per me e chi lavora nelle varie librerie per andare a dormire a un orario decente, senza sembrare quello che di punto in bianco ha deciso di tirarsela e di cambiare modalità. Insomma non ho perso un’unghia dell’ansia mia, anzi.

- Fumettista di Roma: ti sei accorto che in qualche modo hai riempito e fatto emergere una sfera culturale che forse mancava?

Non lo so, Roma è strapiena di fumettisti anche molto più bravi di me. Forse non raccontano la città, e a dire il vero non ho mai cercato di farlo neppure io, perché non mi sentirei la “delega” di nessuno per poterlo fare. Però raccontando la mia piccola porzione di quotidiano suppongo che qualcosa del contesto in cui sono cresciuto venga fuori, sia dal punto di vista geografico che culturale. Spero che quello che emerge è una Roma diversa da quella della narrazione che va per la maggiore negli ultimi anni, quella che ruota tutta attorno al decoro, al degrado e alle paranoie securitarie. Ecco, una vera narrazione alternativa a quella sicuramente manca e non basto io a riempirla, però qualcosa si muove tra musica, film e webserie. È proprio importante secondo me ricostruire un immaginario di segno diverso, e se coi fumetti sarò riuscito a metterci i miei due cent mi sentirò un po’ più in pace con me stesso.

- Con Kobane Calling ci hai fatto ridere e commuovere: è un dono poetico. Tu come ti sei sentito quando hai completato l’ultima tavola?

L’ultima tavola in particolare mi ha commosso proprio, perché lì riporto in maniera più o meno letterale una conversazione avvenuta su whatsapp con una nostra compagna curda che ricorda un suo amico caduto pochi giorni prima in combattimento, che avevamo avuto modo di conoscere anche noi. Secondo me è il punto più intenso del libro (di fatti non l’ho scritto io, mi sono limitato a copiarlo e incollarlo!). Passato quel momento, salvato l’ultimo file, è iniziata l’ansia per come sarebbe stato accolto il libro. Se sarei stato capace di restituire al lettore un po’ di quelle emozioni che avevo provato durante il viaggio, o se sarebbe stato visto come un accumulo di frame, tipo la visione coatta delle diapositive di ritorno dalle vacanze. Questa cosa è andata lentamente scemando man mano che sono arrivati i feedback, ma continuo a sospettare che anche chi si è annoiato a morte non lo dica perché comunque “pare brutto” lamentarsi che un libro che tratta di questo argomento non li ha fatti ridere abbastanza.

- È stato un atto coraggioso da parte tua andare in un posto così pericoloso. Sicuramente l’esperienza ti ha arricchito, inoltre hai permesso a una fetta di pubblico “giovane” di avvicinarsi a questioni delicate: secondo te la vicenda, a parte te, sta ottenendo la meritata attenzione nel campo dell’informazione?

No, anzi, da alcuni mesi si è aperto tutto un altro capitolo di questa vicenda, che riguarda la guerra che la Turchia è tornata a fare contro i curdi da quest’estate. È un capitolo sanguinoso quanto quello contro l’ISIS, ma se possibile se ne parla ancora di meno. Un po’ perché ormai la Turchia è un nostro partner privilegiato nella gestione dei flussi migratori ed evitiamo di raccontare i massacri che sta compiendo nelle città curde, un po’ perché l’informazione è in generale così superficiale che spesso ignora sistematicamente le notizie che non portano abbastanza click.

- Spostiamoci un attimo sui tuoi lavori precedenti: nessuno guarisce dalla propria infanzia e tu a che punto sei?

Guarire, non sono guarito. Però ho cominciato a prendere coscienza che è finita. Questo genera una grande ed estenuante lotta interiore, prima o poi una delle due parti soccomberà...

- Spesso dici che i tuoi amici quasi non sanno che fai fumetti: è questo il segreto per tenere separata la vita privata dal lavoro? Te lo chiediamo perché la notorietà rende bersaglio di polemiche gratuite.

In realtà lo sanno, ma non li leggono, quindi non è che mi aiuta molto. Dopodiché io sono un control freak, vorrei tenere la vita privata separatissima da quella lavorativa, essere al corrente di tutte le polemiche, leggerle e rosicare e rispondere e “governarle”. Solo che, con mia grande frustrazione, mi devo rassegnare al fatto che semplicemente non si può. Non puoi controllare tutta la rete, non puoi rispondere a tutti, non puoi decidere tu come si comporteranno gli altri, tu puoi determinare solo la parte che riguarda te stesso e le tue azioni. Non è un segreto, è la cosa più scontata del mondo, però è pure la più difficile. Io ci ho messo un sacco a capirlo e ci sto mettendo ancora di più a farlo, ma suppongo che sia l'unico modo. Per ora comunque continuo a dividere le polemiche in 3 macrosezioni, quelle in cui ho torto e devo fare pippa, quelle che forniscono spunti di riflessione che dovrei prendere in considerazione a sangue freddo, e quelle che vorrei risolvere a schiaffi. Insomma, sto ancora in alto mare mi sa.

Alessandra Cristofari