Psicologia e Sociologia

O’ Munaciello

“Napule è” tante cose – come ben sanno i suoi estimatori – e fra queste anche il munaciello: non esiste, infatti, figura più temuta e rispettata dai napoletani

“O Munaciello: a chi arricchisce e a chi appezzentisce”, recita un famoso detto popolare partenopeo.

“Napule è” tante cose - come ben sanno i suoi estimatori - e fra queste anche il munaciello: non esiste, infatti, figura più temuta e rispettata dai napoletani.

La tradizione vuole che il “piccolo monaco”, uno spiritello stravagante e capriccioso, infesti tutt'oggi alcune aree della città e delle zone provinciali limitrofe, con particolare predilezione, per quanto concerne Napoli, per il Decumano maggiore, S. Erasmo, i Ponti Rossi, Piazza Garibaldi e Secondigliano.

Di aspetto sgradevole - viene sovente descritto come un nano deforme abbigliato in maniera analoga a quella di un monaco (da cui l'appellativo o' munaciello), con un saio, la chierica e le scarpe con fibbie argentate - il munaciello è solito ad intrufolarsi nelle abitazioni di persone comuni e a manifestare nei confronti simpatia o antipatia.

A coloro che rientrano nelle sue grazie, il munaciello lascia in dono del denaro (che nasconde nell'appartamento) o fa sì che dalla sua apparizione possano derivare numeri fortunati da giocare al lotto; a coloro, invece, che non sono di suo gradimento, il pestifero spettro fa dispetti più o meno fastidiosi, come rompere delle vettovaglie o nascondere degli oggetti.

Alle fanciulle avvenenti il munaciello riserva ancora un altro trattamento (del tutto particolare e discutibile), poiché fa di loro ignare vittime d’inopportuni palpeggiamenti.

Uno spirito malandrino, dunque, foriero di fortuna e prosperità - ma solo e soltanto a patto che i prescelti non rivelino mai a nessuno la fonte dei loro guadagni, pena l'immediata cessazione della buona sorte - o di sventura e disgrazie.

“Avere il munaciello in casa” può significare doversi rassegnare a sopportare una lunga trafila di variopinti ed immeritati dispetti oppure ritrovarsi inaspettatamente a beneficiare di indulgenti lasciti, idonei a fronteggiare situazioni di estremo bisogno (esclusivamente in tali circostanze lo spirito interviene attraverso una donazione di denaro).

Anche se sono ancora in molti, nella città di Pulcinella, a credere alla sua esistenza, di fatto il munaciello altro non è che il frutto di una suggestione popolare, alimentata soprattutto dal desiderio delle persone più povere di risollevarsi grazie all’intervento della buona sorte.

Circa le origini di questa controversa figura esistono due ipotesi.

La prima, la più nota, identifica il munaciello nel frutto dell'unione osteggiata, e come tale segreta, fra la figlia di un mercante di stoffe, tale Caterinella Frezza, e un garzone, di nome Stefano Mariconda, cessata improvvisamente in seguito al di lui barbaro assassinio, avvenuto in misteriose circostanze. Il munaciello viene alla luce all'interno di un convento - nel quale Caterinella si era rinchiusa subito dopo la morte dell'amato - sfortunatamente affetto da gravi deformità, per mascherare le quali viene deciso di vestirlo, una volta ragazzo e poi adulto, allo stesso modo di un monaco.

L'intera esistenza del munaciello si svolge in solitudine, per via dello scherno e del disprezzo cui è soggetto in ragione delle sue malformazioni. Anche lui, come il padre, muore improvvisamente in circostanze misteriose.

La sua dipartita non sembra, tuttavia, sufficiente a “liberare” Napoli della sua presenza, che continua ad aleggiare per le vie della città e a rendersi manifesta ad alcuni dei suoi abitanti.

La seconda ipotesi, quella meno accreditata, identifica il munaciello nel gestore degli antichi pozzi d'acqua, di cui si occupava in quanto, per via della bassa statura che lo caratterizzava, aveva la possibilità di calarsi agevolmente.

Al munaciello e alle sue “prodezze” molti artisti hanno dedicato delle citazioni all'interno delle loro opere: fra questi Eduardo De Filippo, Roberto De Simone e Antonio Petito.

Il dubbio che possa trattarsi di una mera leggenda, non sembra sfiorare - o, più probabilmente, interessare - i napoletani, i quali appaiono fermamente convinti, come sottolineato dal testo di Matilde Serao “Leggende napoletane”, dell'effettiva esistenza del munaciello.

Forse, però, è solo una questione di superstizione: come diceva il saggio Edoardo, “essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”.

E la superstizione, si sa, a Napoli è una cosa seria.

Dalila Giglio