INTERVISTE Musica

Miro Sassolini, intervista esclusiva

Tutti gli incontri sono importanti, perché tutto quel che accade ci segna e si stratifica. Ogni tanto scoperchio la vita e guardo cosa c’è dentro. Raccolgo purezza, il resto lo butto…

Entro fine anno uscirà un'operazione sperimentale nata in occasione di Miro Sassolini 50|30. Dalla new wave a domani, l'evento che ha dato inizio alla collaborazione dell'artista con Mauro Sabbione.

Lo spettacolo, promosso da Le Fornaci Centro Culturale Auditorium di Terranuova Bracciolini, è incentrato sulla vocalità di Miro e su una ricerca contaminata e multidimensionale che esplora i confini fra generi e linguaggi, non solo musicali.

L'attesa del canto è un brano realizzato da Sassolini mediante la sovrapposizione di 52 tracce vocali e anticipa il metodo compositivo del nuovo disco ma non il "prodotto finito", dove sarà determinante la dimensione musicale. Il testo della canzone è una breve composizione di Monica Matticoli e il titolo una citazione tratta dal libretto di Un re in ascolto di Luciano Berio e Italo Calvino. Autore del video, con fotografie di Angelo Gambetta, è Daniele Vergni.

Nell'attesa, noi de Il Quorum abbiamo avuto il privilegio di una intervista esclusiva con Miro Sassolini. A 30 anni da Siberia, storico album dei Diaframma, Miro ci parla di sé e dei progetti attuali e futuri...

L'INTERVISTA di LUCA FERRI:

Buongiorno Miro, è davvero un onore per me e per tutti noi de Il Quorum avere l’opportunità di questa intervista, perché hai rappresentato per un’intera generazione di giovani, il fiore all'occhiello della new wave italiana. I dischi dei Diaframma, da “Siberia” fino a “Boxe” li custodisco gelosamente nel turbinio delle emozioni, quindi grazie e benvenuto!

- Immagino che alcune domande ti siano già state rivolte più volte, ma la tentazione è forte… Quindi partendo dalle tue origini, se dovessi descrivere 3 opere culto come "Siberia", "3 Volte Lacrime" e "Boxe"? Questi incredibili vortici sensoriali…

“Siberia”: una stanza senza finestre; “Tre Volte Lacrime”: una stanza con una finestra aperta; “Boxe”: una stanza con due finestre chiuse e una porta aperta.

- Cosa hanno rappresentato in passato, e cosa rappresentano ora per te questi LP?

Una ‘grande variable’ dentro la mia storia.

- Miro, siamo nel 2014, forse questo era l'anno giusto per festeggiare "Siberia", non trovi?

Concordo. Ne ho già ampiamente parlato. Tecnicamente c’è ancora tempo, il disco è uscito nel dicembre 1984 ma non dipende da me.

- Dopo il tuo addio ai Diaframma, che fase hai vissuto? E’ iniziato allora il tuo percorso di sperimentazione, di intensa "ricerca vocale"?

Non conosco il mio potenziale ma conosco i miei limiti. Sono ripartito da quei limiti, alla ricerca del mio potenziale. Il percorso di ricerca è un processo iniziale, spontaneo, fanciullesco. La sperimentazione, una conseguenza.

- Tempo fa ho avuto modo di conoscere Bruno Casini, intervistandolo alla fiera della musica organizzata da Antonio Aiazzi a Sesto Fiorentino. So che avete avuto modo di lavorare insieme, come ad esempio nel 1995 per il Teatro Pecci di Prato. Ci puoi parlare di questo periodo?

Un periodo frenetico, a tratti dispersivo e dispendioso, ma pieno di intuizioni che adesso mi sono preziose.

- Sulla tua crescita a livello interpretativo ha influito, in qualche modo, questa collaborazione? Oppure c’è un incontro che pensi abbia pesato in modo determinante su di te a livello umano e professionale?

Tutti gli incontri sono importanti, perché tutto quel che accade ci segna e si stratifica. Ogni tanto scoperchio la vita e guardo cosa c’è dentro. Raccolgo purezza, il resto lo butto.

- Potendoti ammirare sul palco la tua Arte risulta molto più complessa di quella di uno chansonnier. La tua è una presenza forte, teatrale… Traspare inquietudine. Si respira tutto l’universo che c’è dietro. Ho la stessa straordinaria sensazione se penso ad esempio a Piero Ciampi, alla sua irripetibile presenza. Mi travolge quest’’“ARTE” complessa che è musica, ma al contempo poesia, teatro… potenza dirompente… disperazione… vita… Condividi?

Condivido in parte. L'arte dello chansonnier è l'abilità di ‘dire’ oltre che di cantare. Si nutre di teatro, cabaret, cinema, ed è pervasa da un predominante realismo. Il corpo parla prima di cantare. Mi sento in debito con questi grandi artisti, mi piacerebbe molto cantare Brassens o Brel.

- La tua voce è certamente una delle più belle ed intese del panorama musicale. Una voce all’apice della maturità, profonda ed unica. In un universo globalizzato, dove anche la musica subisce la riduzione a standard… a prototipi vocali omologati (vedi ad esempio nei talent show), come immagini il futuro per la musica “Alta”? Avremo mai nuovi Miro Sassolini, nuovi Franco Battiato, nuovi Paolo Conte, nuovi Fabrizio De Andrè? O siamo, davvero, destinati ad un appiattimento culturale in questo campo?

Una sequenza di nomi da rabbrividire. I primi due sono dei totem viventi, il terzo è quasi un santo: non credo di essere alla loro altezza ma ti ringrazio. Non ho risposte definitive a questa domanda. Tutto si evolve, cambiano velocissimi gli schemi. Devo ancora capire. Più che di appiattimento culturale, parlerei di occultamento appena sotto la superfice. Comunque basta grattare, c’è movimento sotto. Se non scaviamo un po’, distinguere nuove futuribili direzioni è molto difficile.

IL VIDEO - LE COSE DA FARE (Daniele Vergni)

- Rimanendo un attimo sul tema “voce-sperimentazione-futuro”… “Strumentalizzare la voce per fonderla con altri strumenti” diceva Demetrio Stratos… e ascoltando le sue parole viene il dubbio che il futuro della musica si sia interrotto allora, in quell’istante. Un po’ come accade con la nota equazione di Einstein che fissa un punto, fino a quando un nuovo Einstein non sarà in grado di andare oltre. Cosa ne pensi?

La voce è uno strumento meraviglioso. Si fonde con gli altri strumenti naturalmente. Da secoli. Penso ai suoni di certi popoli antichi. Questo Stratos lo sapeva benissimo. La sua è stata, sostanzialmente, una ricerca antropologica fortemente collegata all’essere umano. Ma l’essere umano è soprattutto una variabile, non puoi fissarlo su una lavagna: quindi, staremo a vedere.

- Pochi mesi fa è uscita un’autobiografia di Piero Pelù all'interno della quale, lui parla in modo aperto e con una certa autocritica, della morte di Ringo De Palma. Tu, se non erro, avevi un bellissimo rapporto con Ringo… Hai un ricordo o un aneddoto particolare?

Non ho letto l’autobiografia di Piero. Non so niente al riguardo. Vero, avevo un bel rapporto con Ringo: per questo preferisco non parlarne affatto.

- Abbiamo nominato Antonio Aiazzi, Piero Pelù, Demetrio Stratos e Ringo De Palma, mi viene spontaneo chiederti, allora, come è nata la collaborazione con Gianni Maroccolo per Vdb23 (un progetto straordinario di Gianni e del grande Claudio Rocchi)? Cosa ci puoi dire in merito?

La collaborazione con Gianni e Claudio è nata spontaneamente e in tempi rapidissimi. L’idea era quella di coinvolgere alcuni amici nella realizzazione della suite “Rinascere”, meraviglioso snodo all’interno del progetto “vdb23”. L’improvvisa scomparsa di Claudio è stata devastante, però Maroccolo è riuscito comunque a concludere l’operazione. Un’impresa titanica per un progetto musicale senza tempo. Io e Monica siamo orgogliosi di aver partecipato.

- “Da qui a domani” è il tuo ultimo album con i testi di Monica Matticoli. Un bellissimo sodalizio artistico…

Sì, un sodalizio destinato a durare nel tempo. Monica non scrive semplicemente testi: inventa trame, traccia solchi di parole per la mia voce. “Da qui a domani” nasce da un’idea di Monica: solo in un secondo momento diventa un progetto congiunto, assume le caratteristiche della collaborazione a tutto tondo - la precisazione è doverosa. Il metodo compositivo è quasi una necessità, il corpo parola-voce forma il nucleo centrale di tutti i nostri progetti. Monica scrive e io produco suoni per proteggere le parole, creo linee vocali e strutturo melodicamente fin da subito la composizione musicale attraverso le svariate varianti della voce. Lavoro fitte trame di suoni lasciando nella composizione ampi spazi per la successiva vestizione musicale. La parola è anima pensata. La voce è dimensione spirituale e connessione. Il suono di uno strumento musicale è amplificazione e richiamo. Considero questi tre passaggi fondamentali per il mio lavoro.

- Sempre “Da qui a domani” quali sono i tuoi progetti musicali?

Sto ultimando i demo del mio prossimo disco: si tratta di un’operazione lunga e complessa, sperimentale appunto, in cui la melodia nasce, sempre a partire dal testo, insieme a una struttura musicale completamente composta con la voce e su cui interverranno i musicisti. Per dare un’idea di questo metodo e fare un regalo a chi ci segue e che ci sta chiedendo qualche anticipazione abbiamo deciso di far uscire entro fine anno, in un’operazione simile a “Rumore bianco”, il brano che abbiamo composto in occasione del concerto per i miei trent’anni di carriera.

Grazie infinite da parte mia e da parte di tutta la redazione. Ribadisco che per tutti noi de Il Quorum è stato un vero onore poterti intervistare. Attendiamo con ansia i tuoi lavori, e la tua straordinaria voce.

Luca Ferri