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Le vie della lettura sono infinite

Fiumi di libri s’immettono nei canali del web. Assente il coraggio di investire nella cultura

L’anno appena trascorso si è concluso con una buona notizia per gli amanti della lettura.

Secondo l’ultimo rapporto CENSIS (“Centro Studi Investimenti Sociali”) del dicembre 2013, gli italiani stanno imparando a leggere un pò di più, grazie soprattutto al digitale.

Infatti, se da un lato la flessione della carta stampata non accenna a diminuire (-2% i lettori dei quotidiani a pagamento, -4,6% la free press, -1,3% i settimanali), dall’altro si registra un significativo aumento dei portali web di informazione (diversi dai più noti quotidiani online) che contano l’1,3% di lettori in più rispetto all’anno precedente.

Nel campo letterario, il CENSIS segnala una ripresa della lettura dei libri (+ 2,4%) dopo la grave flessione dell’ultimo anno, “benché gli italiani che hanno letto almeno un libro nell’ultimo anno sono solo il 52,1% del totale.” Ottima l’ascesa degli e-book che raggiungono un’utenza del 5,2% (+ 2,5%).

Sono dati che indubbiamente confortano, ma una riflessione comunque s’impone. Oggi procurarsi “qualcosa da leggere” è molto più facile di una volta. Basta collegarsi ad internet ed ecco che le vie della lettura si aprono …infinte: notizie di ogni genere, curiosità, gossip, libri e quant’altro giungono alla portata del lettore in maniera semplice e immediata, immune da qualsiasi filtro o controllo.

Il problema sta proprio nell’espressione “qualcosa da leggere” che per la sua genericità paventa il rischio, tutt’altro che remoto, che le notizie acquisite siano false, tendenziose e fuorvianti, in una parola ben lontane dalla qualità dell’informazione.

Un tempo ci pensavano gli editori dei libri o della carta stampata ad operare una selezione di quanto veniva proposto per la lettura, anche se il risultato non sempre obbediva a criteri di correttezza e di obiettività. Oggi la figura dell’editor è divenuta quasi anacronistica essendo stata letteralmente surclassata dal bricolagedella notizia o dal fai da te”.

Pubblicare un libro, ad esempio, è molto più facile di quanto avveniva fino a qualche anno fa. C’è il Self-publishing attraverso il quale l’autore diffonde la propria opera controllando e gestendo tutte le fasi della “filiera”: dalla produzione al consumatore, ovvero al lettore.  I vantaggi sono indubbi, soprattutto in termini di costo, ma il risultato finale non sempre assicura la qualità dello scritto.

Certo, attraverso l’auto-pubblicazione è possibile affidarsi all’editing, ovvero alla correzione delle bozze, che le stesse società pseudo-editrici propongono agli autori, ma l’autorizzazione alla stampa o alla divulgazione del formato digitale dell’opera viene quasi sempre concessa pur senza osservare questo passaggio.

Ed ecco che fiumi di libri s’immettono nei canali del web senza alcun argine di resistenza. Poco importa degli svarioni grammaticali, degli errori di punteggiatura, delle “o” scritte con l’acca e via dicendo. Il contenuto prevale sulla forma (ma spesso non risulta mai vincente) e il linguaggio si evolve (o si involve)  aderendo alle nuove espressioni del linguaggio digitale anarchiche e …“a stile libero”.

Vero è che in questo marasma è colpevolmente assente il coraggio di investire nella cultura, soprattutto da parte di quegli editori poco avvezzi a farlo e molto più propensi a far ricadere sugli autori esordienti i rischi e i costi della produzione, promettendo loro un futuro radioso ma destinato a dissolversi e a rabbuiarsi con il calar della sera.

Meglio allora l’auto-gestione con tutti i rischi, le incertezze e le variabili impazzite del mondo digitale che accoglie, apparentemente senza riserve, l’infinta produzione di libri e di scritti.

Per molti, moltissimi, cadranno presto le tenebre dell’oblio.

Solo per pochi sarà vera gloria.

Vittoriano Borrelli