CULTURA Storia

La festa dell’allegrezza

Le origini del Carnevale

L’etimologia del nome Carnevale è piuttosto nota. Nella tradizione cattolica infatti Carnem levare (“togliere la carne”) ha da sempre indicato il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.

L’origine più scherzosa e antica di questa festa è invece più discussa.

Presso la Roma antica il mese di febbraio era un tipico periodo di passaggio, dal vecchio al nuovo anno solare, in cui si celebravano importanti feste.

Innanzitutto i Lupercali, il cui rito simbolico veniva celebrato il 15 febbraio, presso una grotta ai piedi del Palatino, il luogo in cui, secondo la leggenda, Romolo e Remo erano stati allattati da una lupa, in età romana. Durante questa festa venivano fatti sacrifici di capre, scherzi, inseguimenti, lotte e corse.

Secondo molti essi erano eredi di una festa ancor più antica, i Saturnali: sette giorni in cui, per favorire un raccolto abbondante e un periodo di benessere era obbligatorio festeggiare e darsi alla pazza gioia.

Vi erano carri trainati da animali mascherati, ricche tavolate in cui si incontravano persone di diversa provenienza sociale, vi era infatti un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza.

Erano diffusi i mascheramenti, addirittura i nobili romani potevano vestirsi da schiavi e viceversa. Era quindi un periodo in cui il caos prendeva il posto dell’ordine, che veniva però restaurato alla fine della festa. In occasione di questo inizio del nuovo anno solare, la fine del vecchio anno era rappresentata da un uomo coperto di pelli di capra, portato in processione, colpito con bacchette e chiamato Mamurio Veturio, in seguito sostituito da un fantoccio.

Vi era poi, sempre a Roma, la festa dell’allegrezza, Hilaria, in onore del dio Attis, che veniva celebrata il 25 marzo, considerato equinozio di primavera, in cui si faceva risorgere il dio dalla morte e questa resurrezione veniva festeggiata con alte grida di gioia e scoppi di vera follia. In questa data  licenza era generale: ognuno poteva dire e fare ciò che più gli piaceva e la gente girava mascherata per le strade.

Ulteriori festeggiamenti si tenevano in onore della dea egizia Iside, importata anche nell'impero Romano, in cui (come ci descrive Lucio Apuleio, nel libro XI delle sue Metamorfosi) si teneva una processione di gruppi mascherati per le strade che terminava al porto (in concomitanza proprio con la riapertura della navigazione nel Mediterraneo).

Lì, un’imbarcazione (Navigium Isidis) veniva riempita di offerte votive, spinta in mare e osservata fino a quando essa spariva all’orizzonte.

Con l’avvento del Cristianesimo, il  Carnevale rappresentava simbolicamente la scelta fra bene e male che tutti dovevano fare. Nella Roma cristiana, infatti, durante i festeggiamenti carnevaleschi, si tenevano gli “Agoni del Testaccio”: la parte centrale di questa festa erano delle gare di corsa, a cui partecipavano esponenti di tutte le categorie sociali, che consistevano in una caccia all’Orso, simbolo del diavolo, al Toro, simbolo della superbia, e al Gallo, simbolo della lussuria. Uccidere questi animali significava rinunciare al male.

Durante il Medioevo, il Carnevale cominciò ad essere festeggiato con sfilate di imponenti carri sui quali stravaganti personaggi in maschera cantavano e ballavano, fra frizzi e lazzi, e tutto era concesso, prima del periodo della Quaresima caratterizzato da serietà, astinenza e devozione religiosa.

Nel XV e XVI secolo, a Firenze i Medici organizzavano grandi mascherate su carri chiamate "trionfi" e accompagnate da canti carnascialeschi, cioè canzoni a ballo di cui anche Lorenzo il Magnifico fu autore. Celebre è Il trionfo di Bacco e Arianna scritto proprio dal Magnifico. Nella Roma del governo papalino si svolgevano invece la corsa dei barberi (cavalli da corsa) e la "gara dei moccoletti" accesi che i partecipanti cercavano di spegnersi reciprocamente.

Cinzia Colantoni